Strage di Roma: il killer ha ucciso perché non voleva pagare il condominio

L’omicida era da tempo in lite con il consorzio e i suoi amministratori. La pistola l’ha rubata a un poligono di tiro. Ha avuto la vita segnata dalla morte del figlio

Il killer che nel quartiere romano di Fidene ha ucciso tre donne  durante una riunione di condominio degenerata in una sparatoria,   non era pazzo, non era uno squilibrato colto da un raptus improvviso. Chi lo conosce comunque  dice che dal 2012, cioè dalla morte del figlio in un incidente di montagna in Alto Adige, non era stato più lo stesso. Ma l’omicida  domenica mattina era cosciente di quello che faceva, e aveva organizzato tutto. Tanto che in auto aveva anche i soldi per la fuga. Il movente che ha portato l’uomo ad uccidere tre persone e provare ad ammazzarne altre è da cercare nel consorzio. Ieri è entrato armato nel bar dicendo “vi ammazzo tutti”, e aveva la chiara l’intenzione di sparare.

C’erano problemi con il condominio, ci sono state diverse denunce alla procura della repubblica per minacce. Addirittura nel la sua casa aveva messo uno striscione con scritto ”consorzio rauss”. Insomma, non voleva pagare le spese del consorzio. Questa estate aveva minacciato dei bambini. Tutta questa assurda situazione ha portato Claudio a prendere la pistola, rubata a un poligono di tiro, e a sparare.

Nel suo blog le accuse al consorzio

Claudio Campiti sul suo blog dedicato al Consorzio Valle Verde aveva scritto un post, con un lunghissimo elenco di accuse agli altri consorziati.  Con riferimenti a presunte “mafie” e passaggi inquietanti come: “Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione, si sa al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità”. Nel post ha hatto più volte riferimento a minacce di “schioppettate” per chi non rispetta le regole del comprensorio  che gli sarebbero state rivolte da personaggi riferibili al Consorzio, facendo nomi e cognomi. Il senso generale del post sembra essere una sorta di lungo atto d’accusa nei confronti della gestione del Valleverde, definito più volte una “associazione a delinquere” di cui fanno parte “i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda, insieme con Prefettura e Procura di Rieti che hanno legalizzato il pagamento del pizzo esigendo le quote consortili che tra parte ordinaria e straordinaria sono anche esose”.

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