Borsellino, rivelazioni shock del legale di famiglia: “Aveva scoperto cose tremende sul procuratore”

Il legale dei figli di Borsellino: “Voleva arrestare l’allora procuratore. Il dossier mafia -appalti uno snodo per la strage”

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in una foto d'archivio senza data. ANSA / GIOSUE MANIACI

“Aveva scoperto cose tremende sul procuratore Giammanco e voleva farlo arrestare”. Sono queste le ultime dichiarazioni dell’avvocato Fabio Trizzino, legale di Lucia, Fiammetta e Manfredi Borsellino. A riportare la notizia è il Giornale di Sicilia. 

Nel corso della sua audizione davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, Trizzino ha fatto importanti affermazioni. Ha detto che il giudice Borsellino voleva far arrestare l’allora procuratore Pietro Giammanco.

L’incontro segreto di Borsellino con Mori e De Donno

Si parla anche di quando Paolo Borsellino, il 25 giugno ’92, organizzò un incontro segreto, alla caserma Carini di Palermo, con l’allora colonnello del Ros, Mario Mori, e il capitano Giuseppe De Donno. In quell’incontro «si parlò di contrasti e circostanze talmente gravi» che portarono Borsellino a convincersi «che quel suo capo, Giammanco, era un infedele». Il magistrato incontrò i vertici del Ros fuori dalla Procura, proprio perché aveva scoperto qualcosa di tremendo.

L’incontro fu estremamente rapido. Borsellino andò dritto al punto: voleva approfondire le indagini sul dossier mafia e appalti perché conosceva i primi esiti di quel rapporto. Chiese di riprendere il dossier e di riferire solo a lui. L’avvocato Trizzino ha sottolineati che “questa audizione di Maria Falcone, stranamente, non è mai entrata nei processi. Mentre invece è di importanza capitale, perché con essa si riescono a rafforzare le motivazioni che portarono Borsellino all’incontro segreto”.

“Il dossier mafia-appalti insabbiato”

Inoltre Borsellino voleva sapere perché “era in atto una campagna di delegittimazione nei confronti dei Ros, i quali si lamentarono del fatto che al dossier mafia e appalti non venne data la giusta valorizzazione”. Ragion per cui, “tra la procura di Palermo e i vertici del Ros i rapporti diventarono sempre più tesi”. L’avvocato Trizzino nella sua audizione ha anche parlato del dispiacere del generale Subranni quando apprese che Giammanco aveva inviato il plico contenente il dossier “al ministero e forse addirittura alla presidenza del Consiglio quasi a delegare all’autorità politica la risoluzione delle potenzialità investigative connesse ad un atto di rilevanza penale”. Martelli rispedì al mittente l’iniziativa di Giammanco mentre Falcone chiese al Csm di procedere nei confronti dell’allora capo della procura per la grave irregolarità che aveva compiuto il procuratore.

Il legale, giusto per far comprendere l’importanza di quell’inchiesta, di ben mille pagine e di come sia stata insabbiata, ha detto alla Commissione che l’indagine contenuta nel dossier portò a soli sette arresti, quando invece Borsellino per un appalto al porto di Pantelleria arrestò 17 persone. 

Tutti è legato al rapporto mafia-appalti

“I familiari di Paolo Borsellino – ha detto infine l’avvocato -, vogliono cercare la verità per una questione di dignità e di impegno. Le nuove generazioni della famiglia anziché cercare di vivere la propria vita, sono costrette a impegnarsi nella ricerca della verità che non è semplice. Ho un conflitto d’interesse di tipo emotivo. Lo ammetto”. Per lui è tutto legato al rapporto mafia e appalti. aggiungendo: «Se ci hanno messo trent’anni per fare la Palermo-Messina, ai siciliani dico di leggersi il dossier perché lì c’è scritto tutto».