Azionò la bomba di Capaci, Giovanni Brusca è libero: “Dolore e amarezza, ma è la legge di Falcone”
Giovanni Brusca, il capomafia che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando che innescò l’esplosione in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, è libero. A fine maggio sono trascorsi i quattro anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza, ultimo debito con la giustizia del boss di San Giuseppe Jato che si è macchiato di decine di omicidi e che , dopo l’arresto e un primo falso pentimento, decise di collaborare con la giustizia.
In tutto ha scontato 25 anni di carcere: roventi polemiche seguirono la sua scarcerazione e la decisione di sottoporlo alla libertà vigilata. Brusca continuerà a vivere lontano dalla Sicilia sotto falsa identità e resterà sottoposto al programma di protezione.
Maria Falcone: “Dolore e amarezza, ma è la legge di Giovanni”
“Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”. Lo ha detto Maria Falcone, sorella di Giovanni Falcone, ricordando che Brusca “ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra”.
“Le confessioni di Brusca – ha ricordato Maria Falcone – hanno contribuito all’arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un’area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero”.
“Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone – ha sottolineato – oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell’acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo, oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia”.
Vedova Montinaro: “Questa non è giustizia”
“Ho appreso la notizia della liberazione definitiva di Giovanni Brusca. Lo so bene che è stata applicata la legge ma sono molto amareggiata. Ritengo che questa non è Giustizia né per i familiari né per le persone per bene. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità. Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia, sia libero. Mi aspetto che la città si indigni dinanzi a questa notizia. Se è vero che è cambiata. Ritengo che non si possa rimanere indifferenti”. Così Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta del giudice Falcone, rimasto ucciso nella strage di Capaci.
Morvillo: “Ha scontato la pena ma resta un criminale”
“C’è poco da dire: la legge è questa”. Alfredo Morvillo, fratello della moglie di Falcone, accoglie senza commentarla “in positivo o in negativo” la notizia della scarcerazione definitiva di Giovanni Brusca, l’uomo che azionò il telecomando della strage di Capaci. “È una vicenda – aggiunge – che sta nell’ordine delle cose. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale”.
Grasso: “Capisco la rabbia ma legge voluta da Falcone”
“Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l’ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni 80 e 90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l’Italia”. Lo afferma Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione scintille di futuro.
“Grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Ripeto – aggiunge – quello che ho detto quattro anni fa, con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L’unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro è collaborare con la giustizia. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime – conclude Grasso – è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto”.