Tempi duri per tre siti porno nel mirino della Commissione Europea

I siti devono garantire la tutela dei minori e contrastare la diffusione di immagini con stupri e abusi

La Commissione Europea ha acceso un faro sui colossi del porno, inserendo i siti web per adulti Pornhub, Stripchat e XVideos tra le grandi piattaforme digitali sotto sorveglianza nell’ambito del Digital Services Act (Dsa). Ciò significa che sono in arrivo “obblighi più rigidi” e, in mancanza del rispetto delle norme, multe molto consistenti. Thierry Breton, commissario per il Mercato interno europeo, ha sottolineato: “Creare un ambiente online più sicuro per i nostri figli è una delle priorità di applicazione del Dsa”. Per questo, dalla fine di aprile, quattro mesi dopo la designazione, i siti dovranno applicare le regole più severe per garantire, in particolare, che mettano in atto le salvaguardie necessarie per la tutela dei minori e per contrastare la diffusione di contenuti illegali, come le immagini di stupro o di abuso”.

I siti in caso di violazioni potrebbero essere banditi dall’operare in Europa

Pornhub, Stripchat e XVideos sono siti che hanno più di 45 milioni di utenti attivi spettatori medi mensili nell’Ue. La vicepresidente Margrethe Vestager ha dichiarato che la designazione dei tre siti pornografici “consentirà un maggiore controllo e responsabilità dei loro algoritmi e processi. Le piattaforme online molto grandi – ha detto -, sono considerate di importanza sistemica, e in virtù delle loro dimensioni e devono dimostrare cosa stanno facendo per conformarsi al Dsa”. Pornhub ha protestato per l’inclusione nella lista, sostenendo che il sito ha avuto “solo” 33 milioni di spettatori medi mensili nell’Ue nei sei mesi fino al 31 luglio di quest’anno, un numero inferiore ai 45 milioni necessari per essere considerato una piattaforma di grandi dimensioni.

Non stupisce che ci siano proteste per evitare la designazione: i siti che violano le regole del Dsa, infatti, in caso di violazioni gravi e ripetute, potrebbero essere multati fino al sei per cento del loro fatturato annuo globale o addirittura essere banditi dall’operare in Europa. Inoltre sono soggetti a una maggiore trasparenza, con l’obbligo di fornire l’accesso ai propri dati ai ricercatori approvati dall’Ue e devono sottoporsi, a proprie spese, a un audit esterno una volta all’anno per verificare la conformità alle norme europee.