Strage di via d’Amelio, le rivelazioni del pentito: “Dovevamo uccidere La Barbera”

Uno strano rapporto di vicinanza tra il dottore Arnaldo La Barbera, ex-dirigente della Squadra mobile di Palermo, a capo della squadra investigativa ‘Falcone e Borsellino’ dopo le stragi del ’92, ed esponenti di Cosa Nostra

Questo emerge dalle rivelazioni rese ieri pomeriggio dal collaboratore di giustizia Francesco Onorato, sentito nel corso dell’udienza sul depistaggio delle indagini della strage di via D’Amelio.

“Bisogna uccidere La Barbera”

“La prima volta che ho sentito il nome di La Barbera fu dopo una rapina a Palermo, nei primi anni ’90, quando aveva sparato a un rapinatore della zona Acquasanta uccidendolo. Salvatore Biondino, con cui avevo buoni rapporti, mi aveva comunicato che bisognava uccidere Arnaldo La Barbera“. Così ha confessato il collaboratore di giustizia. 

La Barbera nel mirino di Riina e Madonia

“Un poliziotto – ha continuato Onorato – non poteva permettersi di uccidere una persona, per le regole di Cosa Nostra. Biondino mi dice anche però che Riina e i Madonia tenevano a questo La Barbera, che lo avevano ‘nelle mani’ e allora avevano archiviato questa cosa e non se n’è fatto più nulla. Successivamente Biondino, che era il portavoce in quel periodo di Riina mi comunica che si doveva uccidere La Barbera“.

L’agenda rossa

In udienza si è parlato anche dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, scomparsa misteriosamente dalla scena della strage. Tra i verbali spicca quello della funzionaria Gabriella Tommasello che fu sentita il 3 aprile 2006, quando disse di avere visto la borsa del giudice nella stanza del dirigente della Squadra Mobile.

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Foto antimafiaduemila.com