“Senza maschere e dispositivi di sicurezza”, si indaga sulla formazione degli operai morti a Casteldaccia

Proseguono le indagini sulla tragedia di Casteldaccia, nel Palermitano, dove ieri pomeriggio hanno perso la vita cinque operai impegnati in un intervento di manutenzione a un impianto di sollevamento di acque reflue di AMAP. Un sesto è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Policlinico di Palermo. Gli inquirenti stanno lavorando al fine di accertare le responsabilità di questa tragedia immane. Al momento pare che, oltre a non avere le maschere con filtro, come rilevato dai vigili del fuoco che ieri hanno recuperato i cadaveri, i cinque operai sarebbero stati sprovvisti di tutti gli altri dispositivi di sicurezza obbligatori per legge quando si agisce in un ambiente confinato.

Per operare in questi spazi è inoltre necessario utilizzare, prima di addentrarsi, il gas alert, ossia un dispositivo che permette di rilevare inquinanti. Utilizzato dai Vigili del fuoco prima di intervenire nella fogna, lo strumento ieri ha rilevato la presenza di idrogeno solforato in quantità dieci volte superiore al limite di sicurezza. Si tratta di un gas prodotto dalla degradazione batterica, incolore ed estremamente tossico poiché irritante e asfissiante.

Strega di Casteldaccia, l’inchiesta sulle responsabilità

Subito dopo il drammatico incidente sul lavoro, investigatori si sono recati nella sede della Quadrifoglio Srl, la ditta di Partinico che si è aggiudicata dall’Amap di Palermo i lavori di manutenzione della rete fognaria. Si lavora al fine di verificare se gli operai siano stati formati, come prevede la legge, per lavorare negli ambienti confinati e acquisire le eventuali certificazioni. Interrogati il direttore dei lavori e il responsabile della sicurezza. Si sta verificando se, come prevede la normativa, il preposto fosse presente al momento della lavorazione finita in tragedia. Di fronte alle inadempienze sulla sicurezza scatta il reato penale per il datore di lavoro.

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