Morta a 18 anni dopo il vaccino anti-Covid, “Poteva salvarsi”: indagati 5 medici

Il decesso per trombosi della 18enne “era ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso alla somministrazione di una dose di vaccino”

Camilla Canepa, 18 anni, era stata vaccinata con AstraZeneca il 25 maggio durante un open day e si era sentita male il 3 giugno. Era stata portata all’ospedale di Lavagna, nel Genovese, dove le avevano riscontrato una piastrinopenia e una fotosensibilità.

Era stata però dimessa, dopo una tac senza contrasto, ed era ritornata nello stesso ospedale due giorni dopo, il 5 giugno, in condizioni disperate per una trombosi al seno cavernoso. Trasferita al policlinico San Martino di Genova era stata operata alla testa. La 18enne era poi morta il 10 giugno.

La 18enne poteva salvarsi con “elevata probabilità sopravvivere”

Tre anni dopo quella tragica morte e la fine della pandemia Covid, la Procura di Genova ha indagato cinque medici del pronto soccorso di Lavagna. Camilla, la studentessa di 18 anni, poteva con “elevata probabilità sopravvivere”. Quattro sanitari sono accusati di omicidio colposo mentre tutti devono rispondere di falso ideologico. Per i PM la studentessa è morta dopo una serie di negligenze dei medici che la presero in cura.

L’accusa sostiene che i camici bianchi non eseguirono “tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento della sindrome da Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic trombocitopenia)”.

Non effettuata la Tac con liquido di contrasto

In altre parole, se avessero eseguito la Tac con liquido di contrasto, come previsto dalle linee guida, si poteva formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e quindi adottare tempestivamente il trattamento terapeutico. Con elevata probabilità, ciò avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere.

Dall’autopsia era emerso infatti che Camilla “non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco”, e che la morte per trombosi era “ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid”. I medici potranno chiedere, entro 20 giorni, di farsi interrogare.