Figlia morta per diagnosi sbagliata, l’ospedale: “Va ridotto il risarcimento, la madre ha avuto un altro bambino”

La storia di una madre che nel 2020 ha perso la figlia di 4 anni per una diagnosi sbagliata. E di un ospedale che adesso vuole lo “sconto”

Nel reparto di osservazione pediatrica del policlinico Sant’Orsola di Bologna, le due pediatre che erano di turno quando è arrivata una bambina di 4 anni non hanno capito che il vomito e il mal di pancia che aveva erano causati da un’occlusione intestinale. L’hanno scambiata per gastroenterite. Così una madre, Barbara Speranza, tra il 20 e il 21 ottobre 2020 ha visto sua figlia morire. A seguito della vicenda, tre medici sono stati condannati per omicidio colposo.

Adesso tuttavia, nel procedimento civile per il risarcimento del danno ai familiari, i legali del policlinico hanno presentato una memoria al giudice in cui, tra le altre cose, chiedono di contenere il risarcimento alla madre valutando le sue capacità reattive. In quanto, hanno scritto, ad un anno dalla tragedia ha intrapreso una nuova gravidanza.

La diagnosi sbagliata

È una storia che riporta il Corriere della Sera, al quale la donna ha raccontato: “Avevamo trascorso diverse ore in pronto soccorso il giorno precedente. La diagnosi era stata subito di gastroenterite e lo è rimasta fino alla fine. Nonostante i sintomi fossero altri e nonostante mia figlia fosse stata operata all’addome a pochi mesi. Un fatto che la classificava come soggetto ad alto rischio per la formazione di volvoli e occlusioni intestinali. La loro diagnosi non è mai cambiata. Ricordo un senso di totale solitudine e abbandono, personale sanitario ostile e sordo alle mie domande. Che nel corso delle ore si sono trasformate in suppliche”.

Barbara Speranza ha aggiunto che l’ospedale non si è mai scusato: “L’unico contatto che ho avuto con il Sant’Orsola poche ore dopo la tragedia, è stato con il primario del pronto soccorso pediatrico. Mi ha chiamato esprimendo il suo dispiacere. E promettendomi che avrebbe contribuito a fare giustizia affinché i responsabili venissero individuati e sanzionati”.

Il radiologo: “Non si portano in pronto soccorso i figli ‘per un mal di pancia’”

Ma in effetti, ha spiegato la donna, alla fine non è successo niente: “Dopo il mio rifiuto di ‘lasciar fare all’ospedale’ l’unica cosa che hanno saputo fare è stata accordarsi per ricostruire i fatti in maniera distorta. Tanto che a settembre inizierà il procedimento bis per i favoreggiamenti. Aggiungo che il radiologo che visitò mia figlia, il giorno prima di essere condannato, aveva condiviso un post su Facebook che poi ha rimosso, in cui venivano criticati i genitori che portano in pronto soccorso i figli ‘per un mal di pancia’. Mia figlia è entrata in pronto soccorso con un dolore lancinante alla pancia. E incontrando lui e i suoi colleghi da lì non è più uscita. Quel post mostra a mio avviso totale assenza di rimorso”.

“Io e mia figlia eravamo una cosa sola”

Sullo sconto per il figlio, Barbara Speranza ha risposto così: “Vivo camminando su una lastra di cristallo da quel 21 ottobre 2020. Voglio che il mio bambino cresca sereno e felice, ma io ora vivo esclusivamente per lui. Non ho più nessun desiderio per me e rispetto alla vita mi sento una mera spettatrice. Quanto all’avere avuto un altro figlio, si tratta di una reazione che definirei ‘automatica’”. Nel senso che “la coppia australiana che perse i tre figli sul volo Malaysia Airlines abbattuto nel 2014, ha avuto una bambina nel 2016. I genitori di Alfred, Agnes e Alma Povlsen, morti negli attacchi del 21 aprile 2019 in Sri Lanka, hanno dato il benvenuto a due gemelline 11 mesi dopo la tragedia che li aveva colpiti. Gli esempi sono infiniti eppure nessuno si è sentito autorizzato a sminuire il loro dolore, cosa che il Sant’Orsola ha fatto con me”.

“Nessuno deve permettersi di giudicare né misurare il dolore di una madre che ha perso un figlio – ha concluso la donna -. Io e mia figlia eravamo una cosa sola, eravamo molto unite, a volte mi sembrava la mia migliore amica. E io ora sono una persona completamente amputata”.

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