Diego, invece

Un uomo sempre contro il potere, lontano da Pelè, più autentico e popolare. Ha scelto di morire nello stesso giorno di Fidel Castro, il suo eroe. E di George Best, un altro dannato del mondo del calcio

Diego

A me Maradona non è mai piaciuto come non mi sono mai piaciuti i superuomini. E non ne faccio una questione filosofica, ma prettamente calcistica. Non mi piacciono i giocatori che vincono da soli, a prescindere. Non subisco il fascino di Messi o di Ronaldo, i contemporanei che ritengono – per essere chiari, a ragione – di piegare la regola primaria del calcio, cioè che si gioca in 11 e che l’undicesimo è il valore aggiunto e non quello assoluto.

Ho detto una bestemmia e ne sono consapevole. E allora ne dico un’altra: quanto non mi piaceva in campo, quanto invece lo ammiravo fuori, quando umano combatteva contro la vita e i suoi demoni. Ne vedevo chiara la figura rivoluzionaria, anticonformista, anarchica, se vogliamo, in netto contrasto con l’immagine di messaggero divino dell’Altissimo del calcio, del predestinato venuto in terra per violare le leggi del football e farsi correre dietro frotte di frustrati che sapevano di non poterlo mai acchiappare.

MARADONA: ACHILLE, IMBATTIBILE E SFRONTATO

Fosse stato un rocker sarebbe volato in cielo ai fatidici 27 anni, come Jimi Hendrix, il Maradona della chitarra e come tutti gli eroi maledetti di quel mondo, morti troppo presto per divenire immortali. Maradona non è mai stato Ulisse, bensì Achille, imbattibile e sfrontato, con il destino stampato sulla fronte e incapace di liberarsene. Ma senza scarpini quanta forza ha dimostrato, quanto diverso è stato dal convenzionale Pelè, forse ancora più immenso per genio calcistico, ma uomo di potere e mai condottiero. Diego, invece. Nemico del potere perché il disagio di vivere fa inseguire sogni impossibili. Per esempio, quello di non essere giudicato, di non essere costretto a combattere il freddo della solitudine attraverso una corte ribalda che sempre sa fiutare l’odore del denaro e della debolezza.

Diego ha comprato tutto, donne, macchine, gioielli, droga, ville, aerei. L’unica cosa che s’è conquistato con il sudore vero è l’amore della gente di Napoli che ha visto per una volta il mondo inchinarsi davanti al suo numero 10 e quella disperazione e quella debolezza ha preferito mutuarla in cazzimma.

Diego
Fidel Castro, Diego Armando Maradona e George Best

25 NOVEMBRE: MARADONA, GEORGE BEST E FIDEL CASTRO

Maradona ha scelto di andarsene il 25 novembre, lo stesso genio di un altro pazzo genialoide del pallone, quel George Best che come lui ha rifiutato la coccarda del primo della classe perché tanto sapeva di esserlo senza bisogno della standing ovation. Per Best come per Maradona le pagelle dovevano fermarsi al 90esimo minuto. Il resto, cazzi loro. “Ho speso milioni in donne, auto, champagne e vestiti. Il resto del denaro l’ho sprecato”. Rispose così Best a una intervista provocatoria. E Maradona, anni dopo, in silenzio approvò e sottoscrisse.

E sapete chi completa il tris dei morti eccellenti del 25 novembre? Fidel Castro, l’eroe della vita di Diego, il comandante che nella sua Cuba ha provato nei momenti più difficili a isolarlo e a dargli un’alternativa. E all’amore Diego aggiunse la gratitudine. Fu forse l’unica illusione della sua vita, vinse il primo tempo, perse la partita.

Oggi di fronte alla più grande ingiustizia che perseguita l’uomo, risparmiamo le lacrime e restiamo in silenzio, ciascuno con i propri ricordi. Ciascuno consapevole che non c’è niente di più miserevole di vedere un uomo in ginocchio. E Diego, almeno questo, se l’è risparmiato.