Crisi climatica, si rischiano oltre 14 milioni di morti entro il 2050

Sicilia e Spagna sono le due aree, in Europa, più esposte al rischio della desertificazione

La crisi climatica potrebbe causare 14,5 milioni di morti entro il 2050: è quanto emerge da un’analisi del World Economic Forum (WEF), in cui si avverte pure che i disastri naturali aggravati dal clima potrebbero portare a perdite economiche per 12,5 trilioni di dollari, e a costi aggiuntivi per il sistema sanitario pari a oltre mille milioni di dollari.

Il rapporto del WEF misura le conseguenze del cambiamento climatico sulla salute, sia sul fronte della mortalità che dei costi sanitari. I principali eventi climatici analizzati sono sei: inondazioni, siccità, ondate di calore, tempeste tropicali, incendi e innalzamento del livello del mare.

Gli eventi estremi che hanno un rischio più elevato per la mortalità sono le alluvioni. Secondo lo studio causerebbero 8,5 milioni di decessi entro il 2050. Al secondo posto la siccità, con la previsione di 3,2 milioni di morti. Il maggior costo in termini economici invece è rappresentato dalle ondate di calore: 7,1 trilioni persi a causa della mancata produttività. Secondo il rapporto, anche con l’aumento di “solo” 1,1 gradi centigradi, questi eventi estremi stanno causando significative perdite economiche, distruzioni di infrastrutture e malattie.

Il climate change innescherà anche un aumento catastrofico di malattie sensibili al clima, come quelle trasmesse dalle zanzare ad esempio. Le temperature più calde aumenteranno il periodo riproduttivo e la zona abitata dalle colonie di insetti, portando all’espansione di malattie come malaria, dengue e Zika anche in zone climatiche temperate e meno colpite come Europa e Stati Uniti. Entro il 2050, spiega il rapporto, altri 500 milioni di persone potrebbero essere a rischio di contagio. Il cambiamento climatico aggraverà anche la disuguaglianza sanitaria. Le popolazioni più vulnerabili, donne, giovani, gli anziani e le persone a basso reddito, gruppi e comunità difficili da raggiungere, saranno i più colpiti dalle conseguenze degli eventi estremi. Africa e Asia meridionale saranno le più vulnerabili perché non riusciranno ad adattare i loro servizi medici già scarsi.