Beni confiscati ai mafiosi, boom a Trapani con più di 300 sequestri: 121 sono di Messina Denaro

Dei 327 beni sottratti a soggetti mafiosi della provincia di Trapani, ben 121 sono riconducibili a soggetti legati all’ex latitante

L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha predisposto per il 2023 un ciclo di conferenze. Non a caso, questo è partito da Trapani, proprio lì dove tre mesi fa è finita la latitanza trentennale di Matteo Messina Denaro.

La scelta ha un valore simbolico e riguarda proprio il numero di beni confiscati riconducibili all’ormai ex latitante che saranno a breve rimessi nel circuito legale.

Beni sequestrati riconducibili a Messina Denaro

Come riportato  dal Giornale di Sicilia, il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro ha affermato: «L’esempio della presenza dello Stato che arriva sempre è testimoniato dal fatto che ben 121 beni destinati sono riconducibili a soggetti legati a Matteo Messina Denaro. Ancora una volta si dimostra che gli investimenti criminali sono destinati a ritornare nella mani dei cittadini onesti e della comunità. Come testimonia quell’arresto anche attraverso i beni in questione, chi costruisce sulla sabbia non può pensare di aver costruito sulla roccia».

Ai mafiosi sottratti complessivamente più di 300 beni

I beni sottratti a soggetti mafiosi della provincia di Trapani complessivamente sono 327. Questi ora ritornano alla società civile per fini sociali. Sono già state recepite 288 manifestazioni di interesse, per finalità istituzionali, sociali o economiche, per un valore di oltre 13 milioni di euro. Il prefetto di Trapani, Filippina Cocuzza, ha dichiarato: «La forza ulteriore che viene fuori da questa conferenza è il particolare momento storico che questa provincia sta vivendo. Questi beni assegnati oggi centuplicano il loro valore sociale nei confronti della collettività perché dimostrano concretamente che lo Stato è presente. Ora i sindaci devono essere bravi da saper valorizzare e rendere visibili e far capire alla collettività che questi beni non solo solo frutto di illegalità ma hanno una nuova vita».

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