Voto di scambio, il candidato di FI Pietro Polizzi annuncia il ritiro della candidatura

L’interrogatorio di garanzia si è tenuto stamani. Polizzi, così come Agostino Sansone e Manlio Porretto, hanno risposto alle richieste del gip

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Terremoto a Palermo a pochi giorni dal voto per le amministrative. Ieri, 8 giugno, la Polizia ha infatti arrestato per scambio elettorale politico-mafioso Pietro Polizzi, uno dei candidati di Forza Italia al Consiglio Comunale. In manette anche il costruttore Agostino Sansone, fratello di Gaetano, proprietario della villa di via Bernini in cui Totò Riina passò gli ultimi mesi prima dell’arresto nel 1993. Arrestato infine anche un suo collaboratore, Manlio Porretto.

L’interrogatorio di garanzia si è tenuto stamani e i tre indagati hanno risposto alle richieste del gip. Secondo la Procura di Palermo, avrebbero pattuito l’appoggio elettorale della famiglia Sansone, storica alleata del boss Riina, a Polizzi. Quest’ultimo, dal canto suo, avrebbe assicurato di essere a disposizione.

“Mi ritiro dalla competizione elettorale, non sono più in corsa, nell’ipotesi remota di una elezione non accetterei”. Così, ha detto il candidato di Forza Italia davanti al gip.

Voto di scambio a Palermo, le intercettazioni

I tre sono stati intercettati il 10 maggio scorso, durante un incontro al comitato elettorale di Polizzi, grazie ad un Trojan piazzato nel cellulare di Sansone. Una frase di Polizzi ha suscitato particolare scalpore: “Se sono potente io, siete potenti anche voi”. Frase indicata come chiave dell’accordo con Sansone. L’ormai ex candidato l’avrebbe sminuita. “È il mio modo di parlare”, ha commentato davanti al gip riconducendola alla semplice volontà di vantarsi.

Nel corso dell’interrogatorio Polizzi, difeso dall’avvocato Francesco Riggio, ha riferito che l’incontro con Sansone avvenne in una stanza di un patronato usata come sede per la campagna. Sarebbero state presenti anche altre persone e il legale chiederà di acquisirne la testimonianza.

Per la difesa, questo aspetto dimostrerebbe che Polizzi non aveva intenzione di stringere alcun accordo criminale. “C’eravamo conosciuti quattro anni fa per motivi legati al mio lavoro – ha affermato –. Quando, il 10 maggio, venne al patronato mio padre me lo annunciò dicendomi: “Vedi di farlo andare via presto”. Io neppure lo feci entrare nella mia stanza e appositamente ci parlai per non più di tre minuti in un ambiente comune”.

Dopo il 10 maggio, a detta di Polizzi, i due non si sarebbero più visti. All’epoca dell’incontro – ha proseguito l’indagato – non era stata neppure decisa la sua candidatura né presentate le liste. Polizzi ha anche aggiunto che nelle trascrizioni delle intercettazioni ci sarebbero diverse imprecisioni.

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