Una bambina di otto mesi condannata a morire ‘per il suo bene’: inflessibili i giudici

È stato stabilito che il distacco dei dispositivi vitali che tengono in vita la bambina deve essere eseguito ‘il prima possibile’, forse oggi

Il destino di Indi Gregory, una bambina inglese,  probabilmente si consumerà oggi, con il distacco delle macchine che la tengono in vita. La piccola di 8 mesi è affetta da una patologia mitocondriale che i medici del Queen’s Medical Centre di Nottingham e i giudici britannici considerano irrimediabile. E probabilmente oggi, morirà. Cesserà di vivere “per il suo bene”. Alcuni giudici hanno deciso che il ‘bene’ della bimba, il suo interesse, il migliore interesse, il meglio del meglio per lei, il ‘best interest’ come si usa dire in quelle aule inglesi, è la morte. Infatti, nell’ultima udienza di ieri 10 novembre, i giudici inglesi hanno stabilito che il distacco dei dispositivi vitali che tengono in vita la bambina deve essere eseguito ‘il prima possibile’, senza appello, quindi quasi certamente oggi. Svaniscono così le residue speranze della famiglia della bimba, e resta inascoltata l’offerta dell’Italia di curare Indi al Bambino Gesù di Roma.

L’offerta italiana di curare la piccola al Bambin Gesù

Il governo Meloni aveva sposato in pieno la battaglia per tenere in vita la piccola. Prima concedendole in brevissimo tempo la cittadinanza italiana, e poi intraprendendo tutta una serie di passi successivi, fino all’appello formale lanciato da Giorgia Meloni in persona con una lettera al ministro della Giustizia e Lord Cancelliere della compagine Tory di Rishi Sunak, «in nome della Convenzione dell’Aia del 1996». Ma la decisione della Corte inglese non ha aperto nessun spiraglio, neppure al ricorso dei genitori, delle piccola, che alla fine avevano chiesto, quantomeno, il permesso di portare a casa la figlioletta per il fine vita. Niente fa fare. La creatura deve morire in un luogo adatto, un ‘hospice’ indicato dall’Alta Corte inglese.

Per quanto riguarda le richieste italiane,  l’Alta Corte le ha liquidate come non in linea «con lo spirito della Convenzione dell’Aia».  Inutili quindi le istanze per un passaggio spontaneo della giurisdizione alla Penisola. Hanno rivendicato per le corti del Regno il diritto di essere nelle condizione migliore per valutare la vicendanell’interesse superiore” della piccola. Insomma hanno deciso che deve morire.

I genitori non si arrendono e continuano a combattere

I genitori di Indi si stanno mostrando decisi a non arrendersi fino all’ultimo secondo. Mentre moltiplicano i loro accorati appelli, da un lato esprimendo gratitudine all’Italia, dall’altro stanno contestando sia l’atteggiamento «disumano» attribuito ai giudici britannici, sia la prognosi terminale sulla malattia di Indi dei medici dell’ospedale di Nottingham. Da Roma, Giorgia Meloni e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, rimarcano ancora come la sanità italiana sia pronta ad accogliere Indi e come i medici del Bambin Gesù assicurino che un supplemento di assistenza non «le causerà alcun dolore».