Processo alla famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, 15 condanne: al vertice c’era Salvatore Sorrentino

Sorrentino

Il gup del Tribunale di Palermo Claudio Emanuele Bencivinni ha condannato quindici persone ritenute esponenti della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia. Il processo fa riferimento all’operazione della Guardia di Finanza del 27 giugno del 2023 quando in arresto finirono 33 persone. Figure principali erano il boss Salvino Sorrentino, che dal carcere continuava a gestire gli “affari”. É stato condannato a 11 anni e otto mesi. Insieme a lui, il figlio Vincenzo: condannato a otto anni. Per entrambi è stato escluso il ruolo di vertice.

Gli altri condannati sono: Andrea Ferrante, 4 anni; Silvestre Maniscalco 2 anni; Cristian Tomasino 7 anni e 2 mesi); Rosaria Leale 6 anni e 8 mesi; Pietro Maggio 2 anni; Alessandro Miceli 2 anni); Giovanni Cancemi 4 anni; Leonardo Marino, 16 anni in continuazione con una precedente condanna; Vincenzo Sparla 5 anni e 4 mesi; Luigi Abbate 7 anni; Vincenzo Adelfio 7 anni; Gaetano Sorrentino 7 anni e 2 mesi; Andrea Nicolò 7 anni e 2 mesi. Per tutti i quindici condannati le pene sono state inferiori rispetto a quelle chieste dal pm Federica La Chioma, ridimensionando notevolmente la tesi accusatoria

Allo stesso tempo il gup  ha assolto 5 imputati. Gli assolti sono Maniscalco Francesco e Maniscalco Paolo(difesi dagli avvocati Michele Giovinco e Angelo Barone), Cardinale Morris Morgan (difeso dall’avvocato Giovanni Castronovo), Giannotta Gianpiero (difeso dall’avvocato Giuseppina Candiotta), Bruno Gianluca (difeso dall’avvocato Filippo Gallina),e Manno Rosario (difeso dall’avvocato Debora Speciale).

Sorrentino controllava il business mafioso dal carcere

Al vertice della famiglia mafiosa del “Villaggio” ci sarebbe stato, anche se in carcere, Salvatore Sorrentino, detto «Salvino», noto anche come lo «studentino». Sorrentino è nipote di Francesco Paolo Barone, appartenente alla famiglia di Pagliarelli. Barone è sposato con Rosaria Lombardo, zia di Emanuela Lombardo, moglie di Salvatore e madre di Vincenzo, il giovane al quale papà Salvatore impartiva gli ordini per la gestione del clan.

Chi è Salvatore Sorrentino, “lo studentino”

Per Salvatore Sorrentino il primo arresto nel 2005, ed assolto e scarcerato nel 2007. Nel 2008 è stato di nuovo arrestato e condannato per avere fatto parte della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, con  la pena di 8 anni e 5 mesi di reclusione. È stato scarcerato per fine pena nel 2015, ed è finito di nuovo nell’inchiesta Cupola 2.0. Nuova condanna, accusato in primo grado  di essere a capo della famiglia del Villaggio, «relazionandosi, come ha scritto  il gip Walter Turturici, con Settimo Mineo per gestire le attività delittuose nel territorio di competenza».

Salvatore Sorrentino dal carcere dava gli ordini per la gestione degli affari della “famiglia”

Sorrentino dal carcere faceva arrivare i suoi ordini attraverso il figlio Vincenzo, anche lui arrestato nel corso dell’operazione “Villaggio di famiglia” della guardia di finanza. Approfittando delle videoconferenze,  fungeva da messaggero anche la moglie, Emanuela Lombardo, che aveva anche un ruolo operativo. Dalle indagini è venuto fuori che la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia controllava e condizionava il tessuto economico del territorio. Non sfuggiva nulla, dalla vendita ambulante del pane, alla fornitura in regime di monopolio dei fiori attraverso una rete di venditori palermitani nei pressi dei cimiteri di Sant’Orsola e Santa Maria dei Rotoli, anche con l’imposizione dei prezzi di vendita dei prodotti. Anche l’apertura dei negozi avveniva dietro autorizzazione con l’imposizione di ditte e tecnici per la realizzazione di lavori nei locali commerciali.

La famiglia controllava pure gli affari immobiliari, le aziende del settore edile e del movimento terra ed era sempre pronta a dirimere le controversie tra privati. Diversi affiliati tenevano la cassa della famiglia. Riserve di soldi contanti per potere assicurare il sostegno economico ai carcerati o a chi si trovava in difficoltà economica. Negli anni al Villaggio sono arrivati anche fiumi di cocaina dalla Calabria. Nel corso di indagini è stato ricostruito il pagamento di un grosso quantitativo di droga per circa 700mila euro.

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