Pizzo, imprenditori denunciano e arrivano le condanne: pene pesanti per boss e gregari di Misilmeri

Per la famiglia di Misilmeri che imponeva il pizzo nella zona sono arrivate le condanne. Le vittime assistite da Addiopizzo

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L’operazione ‘Fenice’, messa a segno dai carabinieri della compagnia di Misilmeri esattamente un anno fa, portò all’arresto di Cosimo Michele Sciarabba, 43 anni, Alessandro Ravesi, 45, Salvatore Baiamonte, 50, e Giusto Giordano, 55 anni, accusati di essere capi e gregari della famiglia mafiosa che imponeva il pizzo a Misilmeri, esercitando il potere mafioso sul territorio. Ieri è arrivata la sentenza. Il gup Ivana Vassallo, che li ha processati con il rito abbreviato, accogliendo le richieste dei sostituti procuratori Bruno Brucoli e Gaspare Spedale, ha inflitto 13 anni e 4 mesi di reclusione a Cosimo Sciarabba, detto ‘Michele’ (figlio del boss Salvatore), che sarebbe stato a capo della cosca. 12 anni e 4 mesi invece ad Alessandro Ravesi, suo fedele collaboratore, e 11 anni e 8 mesi a Salvatore Baiamonte. Un quarto imputato, Benedetto Badalamenti, è morto nelle more del processo.

Tante le richieste di pizzo

L’inchiesta che ha portato all’arresto degli imputati si è sviluppata anche grazie alle riprese effettuate con un telefonino da uno degli imprenditori vessati. Questi, in una delle ‘visite’ per la richiesta di ‘messa a posto’, cioè il pagamento dell’estorsione al clan della zona dove si dovevano fare alcuni lavori, era riuscito a filmare con il cellulare alcuni momenti della trattativa con la richiesta del pagamento del pizzo e anche la targa di una moto. Il video è finito agli atti dell’accusa, che, comunque, si è anche giovata delle denunce di cinque vittime delle estorsioni, che, assistite da Addiopizzo, hanno deciso di non tacere. Inoltre hanno pesato anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, le perquisizioni e le immagini delle videocamere di sorveglianza della zona. Oltre alle intercettazioni ambientali e telefoniche, e alle verifiche sui movimenti degli indagati, grazie ai tabulati telefonici e alle celle di posizione.

La soddisfazione di Addiopizzo

Dopo il verdetto, Addiopizzo ha espresso la sua soddisfazione: “Gli imputati sono stati condannati per i reati di associazione mafiosa ed estorsione e sono state risarcite le vittime che con il nostro supporto avevano trovato la forza e il coraggio di denunciare. Si è trattato di un percorso di ascolto e sostegno che la nostra Associazione ha svolto a fianco di chi si è opposto al racket delle estorsioni e in collaborazione con gli uomini dell’Arma dei Carabinieri e i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia. Una vicenda che dimostra, ove ce ne fosse di bisogno, come esistono le condizioni per denunciare in sicurezza e affrancarsi dal fenomeno estorsivo anche nella provincia, dove il controllo del territorio di Cosa nostra resta più serrato di quanto possa registrarsi oramai in alcune aree della città”.

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