Parla l’insegnante che ha fatto arrestare la preside della scuola Falcone

La docente che ha denunciato, racconta le ritorsioni e le malefatte messe in atto dalla preside della scuola dello Zen

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Nella scuola dello Zen intitolato al giudice Falcone,  si respirava un clima pesante, ed i principi di legalità e trasparenza erano soltanto una bandiera. Per chi osava ribellarsi alle logiche truffaldine imposte dalla preside Daniela Lo Verde c’erano minacce e ritorsioni. Il via alle indagini lo ha dato una insegnante, che ha trovato il coraggio di denunciare l’allegro andazzo nella scuola, dove i fondi comunitari per realizzare vari progetti sarebbero stati utilizzati per fini personali.  Il dirigente scolastico adesso  è ai domiciliari per peculato e corruzione, assieme al suo vice, Daniele Agosta e all’impiegata della ditta di informatica RStore, Alessandra Conigliaro. 

La denuncia dell’insegnante

In merito alle vicende della scuola Falcone, l”insegnante che ha collaborato con la magistratura e con i carabinieri, come riportato dal Giornale di Sicilia, ha messo a verbale: «Esisteva una sorta di circuito consolidato secondo il quale se si rientrava nelle grazie della preside all’interno della Falcone si aveva vita facile. Altrimenti si vivevano ritorsioni che rendevano all’interno del plesso la vita molto difficile. Come ad esempio quando ho denunciato, unitamente a una collega, il non rispetto delle normative Covid a due quotidiani online.  Nel collegio docenti in urgenza indetto subito dopo,  la preside stessa chiedeva a tutti i docenti di smentire le nostre dichiarazioni sebbene io avessi delle prove, consistenti in video e fotografie».

Il clima che si respirava alla Falcone

Dopo la denuncia dell’insegnante le indagini hanno svelato che la preside si appropriava del cibo della mensa, oltre che di computer e apparecchiature informatiche assegnati ai ragazzi e acquistati con i fondi Ue. E l’esposto ha descritto il clima che si respirava nella scuola, per anni citata come modello di educazione alla legalità. «Tutto questo ─ ha aggiunto nella denuncia la professoressa ─ creava un clima di pressione a seguito del quale nessuno dei docenti contrastava la preside nelle sue decisioni. Il mancato rispetto delle regole all’interno della Falcone era una cosa ricorrente, che spaziava dalle questioni giornaliere, come la gestione degli alunni e della didattica, alla gestione dei progetti finanziati dall’Unione europea, che non sempre erano attuati in maniera diligente e completa, rispettando i relativi contratti».

Un finanziamento speso per scarpe e vestiti alla moda

La professoressa, poi trasferita in un’altra scuola, ha anche denunciato che una parte di un finanziamento da novemila euro, destinato a potenziare la palestra, sarebbe servito per comprare scarpe e vestiti alla moda da parte del gruppo dirigente della scuola. Pesante il giudizio del gip Elisabetta Stampacchia, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare: «La scuola è stata considerata come un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari». Insomma una una gestione dispotica dell’istituto in spregio delle regole. Sui comportamenti dei due insegnanti, il giudice ha parlato di «comune sentire la cosa pubblica come propria, e della costante ricerca di un personale tornaconto e della sostanziale indifferenza verso le finalità della azione amministrativa».