Le opere dell’argentino Benjamin Carminio in mostra a Cefalù

Trenta dipinti di vario formato realizzati su tela, carta o legno che riuniscono la più recente e significativa produzione dell’artista

“L’ alchimista dell’anima” è il titolo della personale di Benjamin Carminio in programma a Cefalù, in provincia di Palermo, negli spazi di “Bastione Innovazione Cibo Cultura”, in piazza Francesco Crispi 13/14, dal 16 al 30 luglio. 
L’inaugurazione della mostra, a cura di Margherita Musso e patrocinata gratuitamente dall’amministrazione comunale cefaludese, si terrà domenica 16 alle 18:00. 
Nelle sale espositive, trenta opere pittoriche di vario formato realizzate su tela, carta o legno che riuniscono la più recente e significativa produzione dell’artista argentino
L’esposizione è visitabile tutti i giorni, dalle 11:00 alle 15:00 e dalle 18:00 alle 23:00. 
L’ingresso è gratuito. 

IL LINGUAGGIO PITTORICO DELL’ARTISTA 

Il processo creativo, in Benjamin Carminio, trae le mosse da un’esigenza recondita di esternare esperienze, sentimenti, desideri inconsci, sogni da interpretare. 
Ecco che la visita alle incisioni rupestri delle grotte dell’Addaura o la forma di una macchia che, apofenicamente, innescano il suo estro creativo divengono, per l’artista sudamericano, un “pretesto” per raccontare e comunicare. 
Le figure, tuttavia,  possono mutare molto durante la loro estrinsecazione, e trasformarsi e disvelare realtà e
significati nuovi e sempre più profondi. 
Ciò accade perchè i simboli raffigurati dall’artista non sono un rivestimento del pensiero meramente accidentale, nè tantomeno servono solo a trasmettere un contenuto concettuale già pronto. 
Essi sono, semmai, lo strumento in virtù del quale il contenuto fuoriesce per acquisire determinatezza. 

SIMBOLI E ALLEGORIE MEDIEVALI 

La cifra stilistica e i colori maggiormente usati rivelano come l’artista argentino, capace di trasmutare alchemicamente i sogni in realtà figurata, si ispiri alle figure surreali di Jeronimus Bosch e, più in generale, ai bestiari medievali. 
Precisamente, alle raccolte di tipologie di animali sia reali che immaginari, prodotte in Europa dalla fine del XII fino alla prima metà del XIV secolo. 
L’intento , all’epoca – certamente non scientifico – era quello di rappresentare, mediante la simbologia medievale, valori morali da seguire e peccati da condannare. 
Come sostenuto da Carl Gustav Jung, i simboli sono prodotti naturali e spontanei dell’essere umano.


Nel caso specifico, Benjiamin Carminio, attraverso gli sguardi vivi delle sue figure in primo piano e l’occhio vigile ritratto spesso, riesce a penetrare come un alchimista l’anima del mondo, scandagliandola. 
Attraverso il suo linguaggio simbolico, le cui parole sono le figure fantasiose e fantastiche, l’artista chiede all’osservatore di connetterle e decifrarle. 
Proprio come se fossero tessere mescolate e da collocare, adagiandole sulla trama di ogni umana esistenza.
Più che di simboli, dunque, sarebbe più corretto scrivere di allegorie medievali: basti pensare alla lonza, alla lupa, al leone e all’accidia della Divina Commedia.
Peculiari figure retoriche, mediante le quali si esprimeva un concetto astratto nascondendolo dietro una figura o un’azione facilmente riconoscibile.
Il drago sputafuoco rappresenta, senza dubbio, la figura di Benjamin Carminio maggiormente caricata di senso allegorico.
Nel Medioevo la si associava alle forze del male mentre l’artista argentino, trasferendola nella contemporaneità in difesa di un amore, la lega all’imperante egocentrismo.
Una condizione che si contrappone allo spirito di carità e alla verità, raffigurati come un cavallone che spegne le fiamme ed annienta il drago dell’Ego.

NOTE BIOGRAFICHE DI BENJAMIN CARMINIO 

Nato a Buenos Aires da una famiglia di artisti, si dedica a una formazione basata sul simbolismo sciamanico.
Nel 1998, intraprende un viaggio in Europa che, nelle intenzioni, sarebbe durato solo tre mesi.
Ma a Roma incontra la pittrice Maya Kokocinski, divenuta poi sua compagna e maestra iniziatica nella pittura europea basata su velature e chiaroscuri caravaggeschi.
Dalla fusione tra questo approccio e il simbolismo sciamanico è nata una nuova entità pittorica.
A partire dal 2000 lavora come restauratore e partecipa a vari restauri tra cui figurano quelli della Basilica di San Pietro in Vaticano, della Cattedrale di San Rufino ad Assisi e della Basilica di Sant’Apollinare a Roma.
Ha preso parte ad alcune mostre collettive tra le quali, “Love my body” presso M.A.D.S. Art  Gallery di Milano, dal 19 al 28 febbraio del 2021. 
Nello stesso anno, ha partecipato  alla mostra itinerante “Troisi Poeta Massimo”  tenutasi a Castel dell’Ovo di Napoli dal 7 maggio al 25 luglio 2021. 
Sempre nel  2021, dal 30 ottobre al 2 novembre, ha esposto presso lo spazio espositivo “Aréa” a Palermo in occasione di “Anche all’incontrario”.