L’ex giudice Saguto trasferita a Rebibbia, gli avvocati: “Non doveva andare in cella”

Gli avvocati si sono dichiarati contrari ai provvedimenti adottati. Hanno detto che nel dubbio vale il “favor libertatis”

L’ex presidente delle misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto da qualche giorno si trova nel carcere di Rebibbia, a Roma, dopo il trasferimento dal carcere Pagliarelli. Il marito Lorenzo Caramma invece è ricoverato in ospedale a Caltanissetta.

Ieri, dinnanzi alla Corte di appello si è discusso dell’incidente di esecuzione e gli avvocati si sono dichiarati contrari al provvedimento adottato. Il difensore di Lorenzo Caramma, Antonio Sottosanti, durante il suo intervento ha detto: “Nel dubbio vale il favor libertatis”, ed in genere è questo il senso degli argomenti delle difese degli imputati, che sono in carcere dal 20 ottobre. È stato passato ai raggi X, parola per parola, il dispositivo della Cassazione, “il tenore letterale” del testo con il quale sono stati condannati in via definitiva per alcuni reati gli imputati e per altri è stato disposto il rinvio ad un appello bis per rideterminare le pene.

“È da valutare la quantificazione del reato nella sua totalità”

Secondo il difensore dell’ex giudice Silvana Saguto, l’avvocato Ninni Reina, è vero che c’è una condanna per corruzione che attestata la responsabilità, mentre invece c’è invece ancora da valutare la quantificazione del reato nella sua totalità, cioè la somma dei vari reati che sono ancora da rideterminare. Secondo lui si doveva adottare più cautela, data la cripticità del dispositivo. Anche l’avvocato Valerio Spigarelli, difensore di Gaetano Cappellano Seminara, ex amministratore giudiziario ha sostenuto questa tesi.

Cosa dice la Procura generale

Dal canto suo la procura generale, rappresentata da Antonino Patti, ha sottolineato che “il dispositivo è stato oggetto di studio e di approfondimento”.  In sostanza, secondo la procura, la somma dei reati definiti irrevocabili sono superiori a 4 anni, quindi era determinata l’esecutività della sentenza. Una situazione questa diversa da quella di Roberto Sant’Angelo, amministratore giudiziario difeso da Vincenzo Lo Sciuto, per il quale invece è stata la procura generale stessa a chiedere l’incidente di esecuzione, ovvero la quantificazione della pena alla corte. “Una richiesta inammissibile”, l’ha definita l’avvocato Lo Sciuto perché anche per Sant’Angelo la Cassazione ha rinviato all’appello bis. Tutte questioni discusse in punta di diritto alle quali la Corte dovrà dare risposta in tempi brevi presumibilmente dopo l’ultima discussione, fissata per il 15 novembre per Carmelo Provenzano difeso da Calogero Fiorello.