Laboratori d’analisi: dal 1° gennaio 2024 gli esami si pagheranno a prezzo pieno

Con l’introduzione delle nuove tariffe per esami e visite mediche ci saranno tagli che oscillano dal 20 al 57% a seconda della prestazione

Dal prossimo 1° gennaio 2024 entrano in vigore le nuove tariffe di esami e visite mediche offerte dal servizio sanitario. Avranno valore nazionale, ed azzerano le differenze tra regioni. Così si pagherà lo stesso ticket ovunque. Si tratta dell’aggiornamento del ‘decreto Balduzzi’, e questo, secondo le principali associazioni di categoria, introduce tagli che oscillano dal 20 al 57% a seconda della prestazione. Per citare qualche caso basta dire che sull’emocrono il taglio è del 27%, sugli esami per diagnosticare l’epatite si arriva al 48%. E via così anche per le prestazioni di cardiologi, oculisti, fisioterapisti e tutti gli specialisti delle cosiddette branche a visita. Questa novità del nuovo tariffario che indica i prezzi delle prestazioni oggi assicurate dal servizio sanitario nazionale non è piaciuta ai laboratori di analisi ed a tutti gli specialisti del settore privato, ed hanno deciso di protestare.

Prestazioni solo a pagamento

Quindi, come si legge sul Giornale di Sicilia, ancora un paio di settimane di normalità, e poi la maggior parte degli esami e delle prestazioni che oggi si ottengono con una semplice ricetta nei laboratori di analisi e dagli specialisti convenzionati, sarà erogata solo a pagamento. Questo significa che dal primo gennaio le ricette per le principali prestazioni, per le quali si paga normalmente solo il ticket, non verranno più accettate. Nicola Ippolito, presidente di Asilab, ha spiegato: “I pazienti pagheranno per intero. Per esempio, l’emocromo costerà 5 euro, e così anche l’esame delle urine. Per il Psa si pagheranno sei euro. E via così per tutti gli altri esami. Non possiamo fare altrimenti perché l’alternativa è fallire”.

Secondo le principali associazioni di categoria, il governo nazionale sta tagliando ai convenzionati per recuperare risorse da destinare a nuove prestazioni da finanziare ai pazienti col servizio pubblico. Prima fra tutte la procreazione assistita. Questo provvedimento del ministero emesso a giugno, è stato impugnato al Tar.

L’appello delle associazioni alla Regione

Ma in Sicilia c’è di più. Perchè oltre allo scontro giudiziario le sigle del settore hanno scelto di andare in pressing sul governo Schifani. Che, pur non avendo alcuna responsabilità sulle nuove tariffe, si trova adesso a dover gestire una protesta dall’esito imprevedibile. Infatti il Cimest, l’associazione che raggruppa Ardiss Fkt, Arca, Citds, Croat, Sara, Feder Sbv e Siod, ha chiesto ufficialmente al governo Schifani di non recepire il nuovo decreto lasciando in vigore in Sicilia le vecchie tariffe.

Salvatore Calvaruso, presidente del Cimest, e Salvatore Gibiino, segretario nazionale Feder Sbv hanno detto in proposito: «Ci appelliamo al governo siciliano per ritardare l’attuazione del decreto e l’entrata in vigore delle nuove tariffe allo scopo di salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini siciliani e le attuali condizioni occupazionali delle strutture accreditate. Sia ben chiaro, dal 1 gennaio centinaia di prestazioni specialistiche non saranno più erogate in convenzione pena il fallimento delle strutture convenzionate e la chiusura degli ambulatori pubblici per impossibilità di raggiungere la parità di bilancio”. La Regione non ha del tutto chiuso le porte all’appello dei convenzionati. All’assessorato alla Sanità si è svolta una riunione nella quale è stato valutato il peso finanziario che sarebbe necessario per rispondere all’appello.