Infermiere “infame” avvelenato e ridotto alla disabilità, dettagli inquietanti dall’inchiesta sull’istituto tumori

Dopo il primario arrestato in estate, all’Istituto Giovanni Paolo II di Bari indagati anche sei infermieri dello stesso reparto

Emergono retroscena e dettagli inquietanti nell’inchiesta sulla sottrazione di farmaci e dispositivi medico-chirurgici che vede coinvolti diversi dipendenti ed ex dipendenti del reparto oncologico dell’istituto Giovanni Paolo II di Bari. Si tratta dello stesso reparto retto dal dottor Vito Lo Russo, arrestato in estate per aver chiesto soldi ai pazienti per le visite gratuite. Come si legge sul Corriere del Mezzogiorno, un infermiere sarebbe stato avvelenato dopo aver bevuto un thè in reparto e da allora sarebbe impossibilitato a lavorare per una grave disabilità. L’uomo era stato definito “infame” da un collega.

L’infermiere iniziò a sentire dolori lancinanti e fu ricoverato al centro antiveleni del Riuniti di Foggia, riportando insufficienza renale acuta, necrosi tubulare acuta, insufficienza respiratoria acuta, emorragia cerebrale, emiparesi facio-brachio-crurale destra e afasia.

Infermiere al lavoro mentre è ai domiciliari

Inoltre l’inchiesta ha accertato  che un altro infermiere avrebbe prestato regolarmente servizio nonostante fosse ai domiciliari. Si tratta di Onofrio Costanzo, e, a quanto pare, l’Istituto era sempre stato all’oscuro del procedimento. Costui è uno dei sei raggiunti da misure cautelari nei confronti di dipendenti ed ex dipendenti dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Bari. Le misure costituiscono l’epilogo di una indagine iniziata nel 2020 a seguito della denuncia da parte di una dipendente dell’IRCCS Giovanni Paolo II. Si tratta di un’infermiera beccata per aver rubato 250 euro dal borsellino di una paziente. Da quel giorno non lavora più nella struttura ed è finita a processo per furto. La donna ha deciso di raccontare agli inquirenti quello che accadeva nell’infermeria e nel reparto.

“Sappiamo dove abiti, chi è la tua compagna e che sei un’infame come tua cognata”

Un altra delle sei persone indagate ha reagito contro quest’altra infermiera ‘infame’ con queste parole: «Hai rotto i c…. Sappiamo dove abiti, chi è la tua compagna e che sei un’infame come tua cognata, conosciamo tua madre che lavora qui da tanti anni e stai attenta a tua madre, che non ci vuole niente a farle del male”. Pochi giorni dopo l’accaduto, nella cassetta delle lettere, la donna avrebbe trovato alcune foto della sua compagna al lavoro, con i suoi due nipotini. La sorella della compagna, come spiegano gli inquirenti, è una collaboratrice di giustizia.