Il vermocane minaccia il mare della Sicilia, come riconoscere il pericoloso parassita scatenato dal caldo

coralli

I vermocane, noti anche come vermi di fuoco, negli ultimi anni si sono moltiplicati nei mari di Sicilia, Puglia e Calabria a causa delle sempre più forti ondate di calore estive. Si tratta di organismi che possono essere molto pericolosi e per questo sono al centro dell’attenzione dei biologi del laboratorio che l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste ha aperto a Panarea e a Milazzo. Di cosa si tratta nello specifico? Quali possono essere le conseguenze di un “incontro ravvicinato”? Vediamolo di seguito.

Vermocane, attenzione al pericoloso parassita

Il vermocane è un parassita nematode che infesta principalmente i mammiferi. Questa specie, scientificamente denominata Hermodice carunculata, si caratterizza per la sua voracità e per la capacità di rigenerarsi se spezzati in due. Possiedono inoltre aculei urticanti. Stando alle sempre più frequenti segnalazioni, i pescatori hanno catturato nelle loro reti pesci uccisi dai vermocane, che sono lunghi mediamente 20 centimetri ma possono raggiungere anche la lunghezza di un metro. Non mancano i casi di ferite da loro causate, che spesso richiedono cure mediche come l’applicazione di cortisone.

La dracunculosi

Qualora si dovesse bere acqua contaminata che contiene piccoli crostacei infestati dalle larve del parassita, queste penetrerebbero nelle pareti intestinali dell’ospite. Dopo la maturazione e l’accoppiamento, il maschio morirà mentre la femmina potrà crescere fino a circa 60-100 centimetri di lunghezza, migrando verso la pelle e causando una lesione dolorosa e bruciore.

La lotta contro la dracunculosi ha visto progressi significativi negli ultimi decenni, grazie agli sforzi internazionali per fornire accesso all’acqua potabile e promuovere l’educazione sanitaria nelle comunità colpite.

La presenza dei vermocane, tuttavia, non si limita solo ai fondali marini ma si estende a scogli e spiagge. Per questo, al fine di sensibilizzare la popolazione sui possibili danni, i biologi dell’Ogs hanno avviato una campagna di informazione.

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