“Il capo del clan Marino è Tina Rispoli”, collaboratore di giustizia accusa la moglie di Tony Colombo

Le dichiarazioni di Salvatore Tamburrino, il collaboratore che ha consentito l’arresto di Marco Di Lauro dopo 14 anni di latitanza

Tina Rispoli

“Il capo del clan Marino è Tina Rispoli”. A parlare così è Salvatore Tamburrino, il collaboratore di giustizia che ha consentito l’arresto di Marco Di Lauro, ex reggente dell’omonimo clan di camorra di Secondigliano fondato dal padre Paolo, detto “Ciruzzo o’ milionario”. Di Lauro era latitante da oltre 14 anni.

Tina Rispoli, ex moglie del boss degli Scissionisti Gaetano Marino, nel 2019 ha sposato tra pomposi festeggiamenti il cantante neomelodico Tony Colombo. I due sono stati arrestati il 18 ottobre insieme a Vincenzo Di Lauro, secondogenito di Paolo Di Lauro, nell’ambito di un’indagine dei carabinieri del comando provinciale e del Ros di Napoli.

“È Titina Rispoli che gestisce la famiglia là”

I giudici del Riesame, come la Dda e il Gip di Napoli, classificano Tamburrino come un “collaboratore di estremo rilievo”. L’uomo, in relazione al clan Marino, avrebbe descritto Tina Rispoli come il vertice del sodalizio che gestiva una lucrosa piazza di spaccio nelle cosiddette “Case Celesti” di Seco.

“È Titina che gestisce la famiglia là, è lei il capo del clan Marino”, ha dichiarato. Le sue parole sono inserite nelle motivazioni con le quali il tribunale del Riesame di Napoli ha confermato l’arresto in carcere per la donna e per Colombo che, sottolinea l’autorità giudiziarie, “agisce simbioticamente (con la Rispoli) condividendone le scelte attinenti all’impiego delle somme di denaro che la stessa detiene”.

“Intensa capacità criminale”

Secondo i giudici, la Rispoli sarebbe dotata di “intensa capacità criminale” e di una capacità manageriale “che le ha consentito di investire i proventi illeciti in molteplici settori”. 

Lo spessore criminale della Rispoli, secondo i giudici, sarebbe infatti correlato anche alla disponibilità di ingenti ricchezze ereditate dal marito defunto che le consentirebbe “di supportare affari di sodalizi che le si rivolgono per affari che richiedono un sostegno economico; in particolare – spiegano i giudici – questo è avvenuto con il clan Di Lauro, con il quale i punti di raccordo e di rapporti personali sono molti”. 

 

 

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