La sfiducia a Orlando e la partita sui voti mancanti. Perché nessuno difende il sindaco?

Da un lato: Ferrandelli, Gelarda e i Cinque stelle, dall’altro, soltanto silenzio

Due giorni fa, è stata depositata in consilgio comunale la mozione di sfiducia al sindaco Leoluca Orlando. In calce, le firme di diciannove consiglieri di minoranza, segno che le opposizioni hanno trovato compatezza su un documento che è riuscito a sintetizzare diverse sensibilità, ma anche differenti timori e ambizioni, in un unico obiettivo: in una parola, Orlando vattene!

Il documento raccoglie tutte le motivazioni di carattere politico e amministrativo che segnerebbero, secondo i firmatari, il fallimento della giunta comunale, ma anche lo sfilacciamento di una compagine che dovrebbe sostenere in consiglio le scelte dell’amministrazione.

La mozione dovrà essere calendarizzata entro un massimo di trenta giorni dalla presentazione (ne basterebbero dieci), dunque prima che finisca settembre. Va detto che il difficile viene adesso, perché serrate le fila in un fronte compatto, la minoranza deve espugnare il campo avversario: non soltanto deve diventare maggioranza, ma trovare ben cinque consiglieri di maggioranza che voteranno per sfiduciare il sindaco.
Ce la faranno? Ci vorrebbe tempo per approcciare e tentare di convincere eventuali malpancisti della maggioranza che, per il bene della città, varrebbe la pena mandare a casa sindaco e giunta e rinunciare agli ultimi due anni di mandato in consiglio, con tanto di gettoni di presenza, con altissime probabilità di non tornarci, con le conseguenti nuove elezioni.

Quel tempo che Leoluca Orlando vuole ridurre al minimo, con la sua richiesta al presidente del consiglio comunale, il suo quasi omonimo Salvatore Orlando, di una “immediata calendarizzazione” della mozione, unita all’annuncio che lui e gli assessori, intanto, “non parteciperanno fino a quella data ai lavori di Consiglio e commissioni”.
Un atto che per il consigliere della Lega Igor Gelarda è dimostrazione di arroganza politica, ma che può essere letto, invece, come abile contromossa di un uomo che, in quanto a sagacia politica ed esperienza, a Palermo, ha pochissimi rivali.

Le opposizioni sono convinte di aver intercettato un vento favorevole, di interpretare il malcontento e la disaffezione della maggioranza dei palermitani contro il sindaco, ritenuto il responsabile principale dei disservizi che fanno sprofondare Palermo in fondo a tutte le classifiche di vivibilità e lo stesso Orlando all’ultimo posto della graduatoria del gradimento dei primi cittadini italiani.
Ma, alla fine, la partita vera si disputerà a Sala delle Lapidi, dove i numeri sono ancora con il sindaco. Che, perciò, ha tutto l’interesse a giocarla quanto prima; prima cioè che gli equilibri possano cambiare. Ammeso che sia una prospettiva realistica. Intanto, ha scelto la via del silenzio, non soltanto col consiglio comunale, con cui ha chiuso ogni dialogo istituzionale, non partecipando a sedute d’aula e di commissione. Nè Orlando nè i suoi assessori, anche quelli con un ruolo e una figura “politica” propri, infatti, hanno commentato in alcun modo la notizia del deposito della mozione se non, appunto, chiedendone la pronta discussione. E già questo è un atto politicamente significativo e una mossa tattica chiara.

Ma quel che colpisce è il silenzio delle forze politiche e dei singoli consiglieri che sostengono Orlando, che fanno parte della maggioranza consiliare. Parleranno in aula e parleranno col voto, quando sarà il momento, questo è ovvio ed è quello che conta. Ma anche le parole e persino i silenzi hanno un valore, in politica, specialmente in un momento tanto particolare per la città.

I vari Ferrandelli, Gelarda, i Cinque stelle, da un lato, stanno spingendo sul pedale della comunicazione e della propaganda, sfruttando al massimo anche i canali social, per presentare la mozione come lo strumento decisivo per “liberare”, finalmente, dopo anni, la città dal malgoverno della giunta e da un sindaco che ha trasformato Palermo nel palcoscenico personale dove sfogare la sua “vanità”, per dipingerlo come un reuccio ormai senza trono, per denunciarne i fallimenti veri o presunti, allo stesso tempo interpretando, ma anche cavalcando e provando a alimentare ulteriormente il sentimento sempre più ostile di tanti palermitani. 

Dall’altro lato, soltanto silenzio. Un vuoto comunicativo che dà quasi l’impressione che questa amministrazione sia sola, che agli argomenti delle opposizioni non ci sia nulla da controbbattere, implicitamente convalidandoli, che nulla si possa dire a difesa di sindaco e giunta, che pur tra tanti problemi, tra molti errori, cose buone siano state fatte e che partendo da quelle valga la pena di continuare e portare alla scadenza naturale questa esperienza amministrativa. E che, infine, davvero la maggioranza sia sfilacciata, priva di compattezza e di una visione coerente e condivisa sul futuro di questa città. E’ un fatto davvero curioso, che meriterebbe qualche spiegazione. Chissà, allora, se di qui al voto della mozione qualcuno batterà un colpo.

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