Scarcerati 376 boss: la lista riservata che allarma le procure

La Commissione parlamentare antimafia aveva più volte sollecitato al Dap la liste dei boss mandati agli arresti domiciliari. È stata inviata solo mercoledì scorso

Sono 376, tra mafiosi e trafficanti di droga, i detenuti mandati ai domiciliari nell’ultimo mese e mezzo  per motivi di saluti e rischio Covid. Lo scrive Repubblica nell’edizione odierna, aggiungendo che la Commissione parlamentare antimafia aveva più volte sollecitato al capo del Dap Francesco Basentini l’invio di una lista riservata con i nomi dei boss usciti dal carcere.  Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria l’ha trasmessa solo mercoledì scorso.

CONTROLLI GIORNALIERI

Dopo queste scarcerazioni, ogni giorno le Forze dell’ordine devono svolgere il delicato lavoro di controllare tutti i detenuti che adesso sono nelle loro abitazioni. Più volte al giorno ed a volte anche di notte. Questa situazione preoccupa anche i magistrati delle Procure distrettuali antimafia, dalla Sicilia alla Lombardia, che continuano ad opporsi al ritorno dei boss nelle loro abitazioni e nel loro territorio. Sollecitandone piuttosto il trasferimento in centri medici penitenziari, che peralto sono strutture di eccellenza  della sanità nazionale.

NOMI «ECCELLENTI»

Nelle cinque pagine della lista riservata, trasmessa dal  Dap, sono compresi  nomi di boss “eccellenti”. C’è Antonino Sacco, per esempio, che è  l’erede dei fratelli Graviano. È tornato a casa anche Gino Bontempo, uno dei padrini della mafia dei pascoli dei Nebrodi, così come adesso è fuori  Francesco Ventrici, uno dei principali broker del traffico internazionale di cocaina, che trattava direttamente con i narcos colombiani. Fabio Costantino invece appartiene alla famiglia ‘ndrangheista dei Mancuso di Limbadi. Insomma i nomi sono tanti, e ogni nome ha una storia. Ma  uno dei casi che ha emozionato di più  l’opinione pubblica è stata la scarcerazione di Franco Cataldo, uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo, che fu rapito ed usato dai boss per cercare di convincere il padre, collaboratore di giustizia, a ritrattare. Quando è arrivata la sentenza con la condanna all’ergastolo per Giovanni Brusca, fu dato l’ordine di uccidere il ragazzo, dopo 25 mesi di prigionia.  E poi scioglierlo nell’acido.

TANTI NOMI, TANTI SEGRETI

La preoccupazione più grande dei magistrati e investigatori è quella che ognuno di questi uomini, tornati a casa, conservino pezzi di segreti più o meno grandi. Segreti che riguardano patrimoni mai trovati, o relazioni mai scoperte. Segreti che potrebbero diventare  terreno fertile per la riorganizzazione delle mafie, considerando che tutti questi personaggi sono tornati nel cuore dei loro territori.