“Quello di Boris Giuliano, freddato alle spalle da Leoluca Bagarella il 21 luglio 1979 in un bar di via Di Balsi, è un ricordo doveroso, per un grande poliziotto, tenendo conto che questa terra ha avuto talmente tanti martiri, che a volta si fa fatica a ricordarli tutti. Questo era un mio impegno personale che avevo preso con la signora Giuliano” ha proseguito Gabrielli, durante la commemorazione, alla presenza dei familiari, tra cui il figlio Alessandro Giuliano, che è questore di Napoli, la moglie Ines Leotta, e le figlie Selima ed Emanuela.

LE DUE GRANDI QUESTIONI 

Noi abbiamo due grandi questioni a cui prestiamo particolare attenzione – ha sottolineato il capo della polizia-: la possibilità che la crisi economica diventi prateria per la organizzazioni criminali e il tema dell’ordine pubblico. Abbiamo costituito un osservatorio a livello nazionale, presso la direzione centrale della polizia criminale, che ha come oggetto di monitorare, indirizzare e fornire al decisore politico tutte quelle che sono le indicazioni che possono essere utili per le misure che devono essere intraprese per contrastare questa possibilità”.

Al termine della cerimonia è stata celebrata una messa di suffragio, officiata dal cappellano militare padre Massimiliano Purpura, presso la chiesa della Madonna di Monte Oliveto. Nella seconda parte della mattinata, nel chiostro seicentesco della questura, si è tenuto un momento di ricordo con la presentazione di un filmato che ha illustrato la figura professionale e umana del funzionario della squadra mobile, medaglia d’oro al valore civile.

“BORIS GIULIANO AVEVA SCOPERTO GLI STRUMENTI PER SCONFIGGERE LA MAFIA”

Per GabriellI non si tratta  solo di ricordare un poliziotto ucciso “ma anche di un poliziotto che aveva capito perfettamente quale doveva essere la strada per attaccare l’organizzazione criminale. Noi ovviamente ricordiamo sempre i grandi processi e le grandi sentenze. Ma a me piace ricordare anche chi ha lavorato in un contesto di grande tensione perché nel 1979 non so quanti palermitani, e non solo, parlassero di mafia e di criminalità organizzata. Questi sono stati veri e propri precursori che hanno pagato con la vita. La memoria di Boris Giuliano è da tenere sempre viva in quanto si tratta di ricordare un poliziotto che aveva capito prima e meglio di altri chi aveva di fronte e quali erano gli strumenti per sconfiggerla”.

DALLA PANDEMIA IL RISCHIO DI UN MALESSERE SOCIALE CRESCENTE

Riguardo i tempi odierni, segnati dalla pandemia Gabrielli avverte: “quello di oggi è un tessuto sociale caratterizzato da lacerazioni perché molte persone avranno difficoltà a riprendere l’attività, perché quando il lavoro viene meno aumenta la disperazione e lo stato di sofferenza delle nostre popolazioni. Oggi abbiamo bisogno di mantenere unità la collettività nazionale in questo momento di ovvia sofferenza. Tutto quello che è successo lascerà delle conseguenze. Noi per vocazione siamo un pò il pronto soccorso della società e quando si verificano situazioni di malessere e sofferenza che possono tradursi in manifestazioni di piazza in questo momento dobbiamo dimostrare la professionalità che ci è propria, la capacità di entrare in empatia con la sofferenza e il bisogno della gente. In questo momento,  chi ha la responsabilità dell’ordine pubblico, ai prefetti e ai questori, di essere particolarmente attenti a interpretare il disagio della gente. Non abbiamo bisogno di esercizi muscolari. Le nostre forze dell’ordine si facciano ancora una volta interpreti del presidio di legalità”.

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