Fatto a pezzi da madre e compagna, l’orrore probabilmente al culmine di una lite per non aver preparato la cena

Orrore a Gemona (Udine) dove un uomo di 35 anni, Alessandro Venier, è stato brutalmente ucciso: il corpo, tagliato in tre pezzi e messo in un bidone pieno di calce, è stato trovato ieri mattina, quando la madre e la compagna dell’uomo hanno allertato le forze dell’ordine. Contestualmente le due donne hanno ammesso le loro responsabilità nel caso.

Fatto a pezzi da madre e compagna, orrore in Friuli

Le indagini stanno lasciando emergere dettagli di disagio familiare e di grosse difficoltà tra le mura domestiche. Come riporta Ansa, Lorena Venier, 62 anni, e Marylin Castro Monsalvo, cittadina colombiana di 30 anni, hanno riferito di avere ucciso il 35enne prima che gli investigatori le portassero in caserma.

La vittima portava lo stesso cognome della madre perché il padre non lo avrebbe mai riconosciuto. La coppia ha una bambina di sei mesi, già stata affidata ai Servizi sociali non essendoci altri parenti prossimi in Italia di alcuno dei protagonisti della vicenda.

La salma di Venier sarebbe stata rinvenuta in un grande bidone nell’autorimessa. Il corpo era stato sezionato in tre pezzi, prima di essere sistemato nel contenitore, e poi coperto da calce viva per evitare che il cattivo odore con il passare del tempo potesse insospettire i vicini.

La lite

Dalle notizie trapelate, le due donne avrebbero riferito che un paio di sere fa tra loro e l’uomo ci sarebbe stata una violenta lite. La discussione, prima di mettersi a tavola, sarebbe partita dal fatto che Alessandro Venier, che avrebbe dovuto occuparsi della cena, in realtà non aveva preparato nulla. Una situazione tesa e difficile, perché a mantenere tutti era soltanto lo stipendio di mamma Lorena, la quale, seppure apprezzata caposala nel locale ospedale, non guadagnava cifre altissime. L’uomo dunque, sentendosi fortemente criticato da parte delle due donne, si sarebbe scagliato su entrambe per controbattere alle lamentele.

A questo punto la ricostruzione si ferma e prosegue “nel campo delle ipotesi e delle illazioni”, come ha precisato anche la procuratrice aggiunta di Udine, Claudia Danelon. Ipotesi e illazioni che “potranno essere suffragate o meno solo domani (oggi, ndr), nel corso dell’interrogatorio fissato con le due donne”, dopo una notte trascorsa nel carcere di Trieste.

Si ipotizza che madre e compagna volessero rendere inoffensivo l’uomo e possano avergli somministrato farmaci – di cui in casa c’era ampia disponibilità, per la depressione post partum di Marylin Castro – senza rendersi conto della dose eccessiva che potrebbe averne causato la morte. Non si può, però, nemmeno escludere che l’azione – a quel punto il delitto sarebbe premeditato – fosse finalizzata ad assicurarsi che la vittima non potesse reagire, visto anche che si trattava di un uomo di corporatura robusta. Una volta stordito, avrebbero assestato alcuni fendenti con la stessa ascia che poi avrebbero utilizzato per sezionarne il cadavere.

Chiaramente saranno l’autopsia e gli esami tossicologici a stabilire potenzialmente la verità. Le due donne sono già state portate in carcere a Trieste e la bimba affidata ai servizi sociali.

Foto da Facebook