Business dei carrelli: il racket gestito dalle donne della mafia

“Torna spesso a Palermo per controllare le entrate delle carrettelle, il mese prossimo ho il mutuo”. Così Angela Teresi, madre del boss Giovanni Fontana, diceva per telefono al figlio.

La famiglia mafiosa dei Fontana, finita al centro dell’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato a 90 arresti, aveva le mani in pasta praticamente ovunque: orologi di lusso, appalti dei cantieri navali, caffè, e si era allargata anche all’affitto dei carrelli della spesa. Le “carrettelle“, come le chiamava il nucleo malavitoso nelle telefonate intercettate dalle forze dell’ordine. Anche i carrelli metallici utilizzati all’interno del mercato ortofrutticolo del capoluogo siciliano, quindi, diventavano fonte di reddito illecito per la potente famiglia mafiosa: 3 euro a carrettella. Questo particolare racket era seguito molto da vicino dalle donne della mafia.

LE INTERCETTAZIONI CHE HANNO INCASTRATO I FONTANA

Gli affari dei carrelli, quindi, vedevano in primissima linea le donne. Dalle intercettazioni, infatti, si è capito che Angela Teresi e Rita Fontana, rispettivamente madre e sorella del boss Giovanni Fontana, partecipavano attivamente alle operazioni illecite tenendo la cassa delle entrate. In una delle tante telefonate carpite dalle forze dell’ordine, la mamma del boss chiedeva al figlio, che vive a Milano, di tornare più spesso a Palermo per controllare le entrate delle “carrettelle” perché questo mese avrebbe dovuto pagare il mutuo.

Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, ha commentato la situazione a margine delle indagini: “Quest’indagine dimostra, ancora una volta, che Cosa nostra ha un controllo capillare del territorio. Nessuna attività economica sfugge al tentativo di condizionamento dei boss che arrivano a controllare perfino i banchetti di vendita dei mercati rionali. ‘Lo scaro è nostro’, si sente in una intercettazione che si riferisce proprio al mercato ortofrutticolo”.

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