Dallo Zen tutti insieme per “rimettersi in marcia”: “Eliminiamo la violenza dal nostro cuore”- VIDEO
In centinai hanno risposto all’invito dell’Arcivescovo di Palermo Monsignor Corrado Lorefice e il vescovo di Monreale Gualtiero Isacchi che sabato sera hanno organizzato un incontro invitando tutta la città di Palermo nel piazzale della chiesa San Filippo nel quartiere Zen luogo dove sono cresciuti gli assassini di Paolo Taormina, ucciso lo scorso sabato in via Spinuzza, Salvatore Turdo, Andrea Miceli e Massimo Pirozzo, vittime della strage di Monreale ad aprile. Il messaggio è chiaro: “Bisogna ripartire insieme, il problema non è lo Zen o Palermo ma l’essere umano che deve attraverso la speranza eliminare dal suo cuore qualsiasi forma di violenza”. In prima fila presenti i genitori di Paolo Taormina, c’erano anche i familiari delle vittime di Monreale e la mamma di Sara Campanella, la giovane studente di Misilmeri uccisa da un collega universitario.
Erano tante le istituzioni presenti: il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, il prefetto Massimo Mariani, il questore Maurizio Calvino, i capi delle forze dell’ordine, numerosi religiosi, diversi consiglieri comunali tra cui il presidente Giulio Tantillo, l’assessore Fabrizio Ferrandelli, i consiglieri Mariangela Di Gangi e Ottavio Zacco. E anche il magistrato Antonio Balsamo che intervenuto sul palco ha detto: “Totò Riina è uno che ha sprecato la sua vita, quando è morto non aveva nessuno accanto. Dal male nasce il male, Salvatore Riina è un falso mito. Don Pino Puglisi oggi verrebbe allo Zen – ha continuato – perché lo Zen è Palermo e il futuro della città dipende da quartieri come questo. Sarebbe bello che un giorno da qui partisse un’esperienza collettiva”.
La presenza, però, che contava più di tutti era quella dei residenti dello Zen che hanno risposto presenti all’appello degli arcivescovi perché, come recitava un cartellone della folla “Insieme è meglio”. Toccante il discorso di Dalila, la cugina di Paolo Taormina: “Il 12 ottobre sarei potuta morire io. Invece no, lo ha fatto Paolo a soli 20 anni. Paolo ha scelto di intervenire, di non girarsi dall’altra parte, di placare la rissa. Tanti contro uno. scegliendo di stare dalla parte dei più deboli in una società dove prevale la legge del più forte. Un gesto eroico che gli è costato la vita. Oggi non vogliamo raccontare il crudele accaduto bensì ricordare la persona unica che era Paolo. Un ragazzo ricco di valori: premuroso, solare, onesto, umile, pacifico e dedito alla famiglia. Famiglia, una parola a lui tanto cara. Giuseppe, Fabiola, Paolo, Sofia e Mattia. Una famiglia unità, unito da amore, un porto sicuro, ricca di affetto, di follia e di urla di mamma Fabiola. I suoi rimproveri sono pietre in fondo al mare per fare crescere al meglio i propri figli. Di complicità col papà, Paolo e capellone sono grandi amici. Sofia e Paolo come il cane e gatto, odio e amore. Un amore dalle mille sfaccettature fatto di gelosia e protezione. E il piccolo Mattia, una sua mini copia che col suo arrivo ha completato il quadro familiare. Infine il suo grande amore Desi, o come la chiamava lui ‘Desù’. La sua anima gemella, un amore puro e intenso. L’uno la forza e la debolezza dell’altro. Forse insieme non possono avere tutto, ma insieme sono tutto. Da qui nasce l'”Oscrusciu”. Un nuovo inizio e una nuova avventura, dove Paolo insieme alla famiglia ci ha creduto dedicando tutto se stesso diventando il barman amico più amato da tutti, come quella sera”.
Lorefice: “Rimettiamoci tutti in marcia”
“Una serata di movida alternativa ma un convenire che ci ha fatto annunziare parole a partire da questo quartiere che non può essere definito periferico ancora una volta. Dallo Zen sono partite parole che venivano dal cuore, soprattutto il messaggio di metterci tutti in marcia”. Lo ha dichiarato l’arcivescovo Lorefice post evento. “Un momento di condivisione. Questa è la strada. Dobbiamo ripartire dal vero centro di una città, ovvero da ogni volto umano perché se ci sono centri marginali o periferici a crearli sono gli stessi uomini. Chiaro che se ci sono centri marginali è probabile che possa succedere sempre qualcosa di peggio”.
Isacchi: “Eliminare la violenza dal nostro cuore”
“Un messaggio di speranza. In questo momento d’incontro abbiamo detto tutti insieme che da qui, in questo luogo considerato periferia e luogo di disagio, si può ripartire dalla speranza che si rispecchia nella parola di Dio – ha dichiarato monsignore Gualtiero Isacchi, arcivescovo di Monreale -. Qualsiasi persona deve contribuire perché l’umanità non venga dimenticata e schiacciata da nessuna violenza. Ognuno può controllare fino ad eliminare la violenza dal proprio cuore. Il problema non è lo Zen, il problema non è Palermo o la provincia. Abbiamo sentito dell’attentato a un giornalista importante come Ranucci che ci riporta indietro ad anni bui, pesanti della storia italiana e siciliana. Questo significa che la violenza sta riprendendo campo, fermiamola cominciando dal nostro cuore”.
