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Se hai quest’hobby devi anche sapere che c’è una normativa precisa fatta di regole e sanzioni anche molto severe
L’utilizzo dei droni in Italia è regolato da una normativa piuttosto articolata che combina le disposizioni europee elaborate dall’EASA con le regole nazionali dell’ENAC. Volare con un drone, sia per hobby che per lavoro, non è più un’attività improvvisata: richiede formazione, responsabilità e una precisa conoscenza delle aree in cui è permesso o vietato volare.
I droni, tecnicamente denominati UAS (Unmanned Aircraft Systems), sono velivoli a pilotaggio remoto. Sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni: dalla fotografia e videoripresa aerea all’agricoltura di precisione, dalla sorveglianza ai rilievi industriali. La loro versatilità li rende strumenti sempre più diffusi, ma anche soggetti a regole stringenti che mirano a garantire la sicurezza del volo e la tutela della privacy.
Il quadro giuridico è frutto dell’integrazione tra le regole europee – in particolare i regolamenti 2019/947 e 2019/945 dell’EASA – e il Regolamento UAS-IT dell’ENAC, che dettaglia norme specifiche per il contesto italiano. Tra queste, rivestono particolare importanza le cosiddette “zone geografiche UAS”, visibili sul portale D-Flight, che determinano dove si può o non si può volare. La normativa tiene conto anche del Codice della Navigazione e delle leggi sulla privacy, soprattutto per i droni dotati di fotocamere o sensori.
Le operazioni con i droni vengono classificate in base al livello di rischio in tre categorie principali. La categoria Open, la più comune, si riferisce a voli a basso rischio e non richiede autorizzazioni preventive. La categoria Specific si applica a voli più complessi, che necessitano di autorizzazione da ENAC o dichiarazione per scenari standard. La categoria Certified, infine, è destinata a operazioni ad altissimo rischio, come il trasporto di persone o merci, e comporta requisiti simili a quelli dell’aviazione civile.
Assicurazione obbligatoria e rischi legali
Chi intende pilotare un drone con peso pari o superiore a 250 grammi – o anche inferiore, ma con fotocamera – deve registrarsi come operatore UAS su D-Flight, pagando un piccolo contributo e ricevendo un codice identificativo da applicare sul drone. Per quanto riguarda la formazione, è obbligatorio ottenere un attestato (comunemente detto “patentino”), con percorsi formativi e costi variabili in base alla categoria operativa scelta.
Dal 2019, ogni drone deve essere coperto da un’assicurazione di responsabilità civile verso terzi. Anche i droni utilizzati per hobby rientrano in questo obbligo. I costi sono generalmente accessibili per i droni ricreativi, ma aumentano per gli usi professionali. In caso di violazioni, le sanzioni possono essere pesanti: si va da multe salate alla sospensione del patentino, fino all’arresto per le infrazioni più gravi.
Dove si può volare e dove no: attenzione alle mappe
Il volo con droni è soggetto a limitazioni territoriali: è vietato sorvolare aree vicino agli aeroporti, centri storici, infrastrutture critiche e aree naturali protette. Anche spiagge e aree urbane sono off-limits, salvo autorizzazioni specifiche. È fondamentale consultare sempre la mappa aggiornata su D-Flight prima di ogni volo, per conoscere i divieti e le restrizioni in vigore.
Le aree rurali e isolate restano le più adatte per l’uso ricreativo dei droni. Qui è più facile rispettare i limiti imposti dalla normativa, come la distanza da persone e edifici, rendendo la campagna un ambiente ideale per allenarsi e acquisire esperienza. Tuttavia, anche in questi contesti è essenziale avere consapevolezza delle regole, per volare in sicurezza e nel pieno rispetto della legge.