Trattativa Stato-mafia, i giudici: “Ros non volle catturare Provenzano”

La Corte d’assise d’appello di Palermo deposita le motivazioni della sentenza sul processo inerente alla trattativa Stato-mafia. La decisione risale al 23 settembre scorso. La corte ha assolto gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e il senatore Marcello Dell’Utri, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato. In primo grado erano stati tutti condannati a pene severissime. Dichiarate prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca. Pena ridotta al boss Leoluca Bagarella. Confermata la condanna del capomafia Nino Cinà (QUI I DETTAGLI).

TRATTATIVA STATO-MAFIA: LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

La sentenza depositata consta di quasi 3mila pagine. “Esclusa qualsiasi ipotesi di collusione con i mafiosi, se Mori e Subranni potevano avere interesse a preservare la libertà di Provenzano, ciò ben poteva essere motivato dal convincimento che la leadership di Provenzano, meglio di qualsiasi ipotetico e improbabile patto, avrebbe di fatto garantito contro il rischio del prevalere di pulsioni stragiste o di un ritorno alla linea dura di contrapposizione violenta allo Stato”. Così la Corte d’assise d’appello nella sentenza. I giudici sostengono che i carabinieri avrebbero voluto “favorire la latitanza di Provenzano in modo soft”.

“V’erano dunque indicibili ragioni di ‘interesse nazionale’ a non sconvolgere gli equilibri di potere interni a Cosa Nostra che sancivano l’egemonia di Provenzano e della sua strategia dell’invisibilità o della sommersione – spiegano -, almeno fino a che fosse stata questa la linea imposta a tutta l’organizzazione. Un superiore interesse spingeva ad essere alleati del proprio nemico per contrastare un nemico ancora più pericoloso”. 

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Redazione PL