Supermercato, allerta insalata in busta: trovati 9000 agenti chimici che non dovrebbero essere lì | Peggio di una centrale nucleare

Insalata in busta - fonte ilfattoalimentare - palermolive.it (1)
L’epidemia invisibile della plastica alimentare, si tratta di una minaccia globale per la salute di tutti
Una nuova ricerca ha portato alla luce una realtà preoccupante: gli imballaggi in plastica destinati al cibo contengono fino a 9.936 sostanze chimiche. Questi composti, molti dei quali ancora sconosciuti o non regolamentati, possono migrare dagli involucri al cibo e quindi nel corpo umano, con effetti che spaziano dall’alterazione ormonale a gravi problemi metabolici. Il contatto prolungato, il calore, i grassi e perfino la semplice esposizione alla luce solare possono accelerare questo processo, rendendo pericoloso anche un gesto quotidiano come riscaldare un pasto nel microonde.
La plastica alimentare, pur essendo realizzata da polimeri apparentemente inerti, è spesso arricchita con una vasta gamma di additivi: coloranti, plastificanti, stabilizzanti e lubrificanti. A questi si sommano le impurità di produzione e i sottoprodotti che si formano col tempo. Tali sostanze non sono legate in modo stabile alla matrice plastica, e questo favorisce la loro migrazione. Prodotti come bottiglie comprimibili, vaschette e sacchetti si rivelano quindi potenzialmente pericolosi, soprattutto quando entrano a contatto con alimenti grassi o caldi.
Gli scienziati dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia hanno esaminato trentasei articoli in plastica provenienti da vari paesi e scoperto migliaia di composti capaci di interferire con il metabolismo cellulare. Molti di questi alterano i recettori ormonali e compromettono i meccanismi di segnalazione interna delle cellule, influendo su funzioni vitali come la crescita, la fertilità e la regolazione dell’energia. La loro presenza è già stata rilevata in oltre il 90% delle persone nelle regioni più industrializzate.
Le conseguenze dell’esposizione prolungata a queste sostanze sono tangibili. Solo nel 2018 si stima che i ftalati siano stati responsabili di circa 350.000 morti legate a patologie cardiovascolari. Inoltre, sono stati correlati a disturbi metabolici come obesità, diabete e ipertensione. Anche le cosiddette alternative “sicure” al bisfenolo A, come BPS e BPF, mostrano impatti tossici analoghi, smentendo la rassicurante etichetta “senza BPA” che campeggia su molti prodotti.
Verso una plastica ripensata fin dall’origine
Poiché affrontare singolarmente ciascuna delle oltre 13.000 sostanze chimiche impiegate è impraticabile, molti scienziati invocano un ripensamento radicale: progettare la plastica in modo che sia sicura fin dalla nascita. In questa direzione si stanno sperimentando bioplastiche derivate da fonti vegetali che, oltre a essere biodegradabili, offrono barriere efficaci contro ossigeno e umidità, due elementi chiave nella conservazione degli alimenti.
La questione ha attirato l’attenzione globale. Ben 175 paesi si sono riuniti a Ottawa per avviare i negoziati di un trattato delle Nazioni Unite contro l’inquinamento da plastica. In parallelo, alcune autorità locali e nazionali stanno già regolamentando le sostanze più pericolose. L’Europa ha inserito diversi plastificanti nella lista delle sostanze estremamente preoccupanti, mentre alcuni stati americani hanno vietato il BPA nei contenitori alimentari.
Strategie quotidiane per ridurre l’esposizione
In attesa di normative più rigide e materiali più sicuri, anche le scelte personali possono fare la differenza. Evitare il riscaldamento di alimenti nella plastica, prediligere contenitori in vetro o ceramica, e optare per cibi freschi anziché confezionati può ridurre significativamente l’accumulo di sostanze nocive. Queste abitudini, sommate nel tempo, possono contribuire concretamente alla tutela della salute.
L’adozione della chimica verde per sviluppare nuovi materiali biodegradabili e non tossici rappresenta una delle sfide più promettenti. Investire in bioplastiche compostabili ottenute da fonti come mais, cellulosa e alghe può ridurre l’impatto ambientale e migliorare la sicurezza alimentare. La transizione verso un’economia circolare sostenibile non sarà semplice, ma è ormai una necessità per garantire la salute delle persone e del pianeta.