Smantellata una banda che miscelava olio industriale al gasolio: 59 arresti

I Carabinieri hanno sgominato una banda con un giro d’affari milionario. L’operazione ha coinvolto anche distributori di benzina e gasolio  della provincia di Napoli e Salerno. Agli automobilisti veniva venduto gasolio allungato con olio industriale proveniente, in maniera illegale, dall’Est Europa.  Con cisterne accompagnate da false bolle di trasporto. Stoccato in un deposito nella zona del Salernitano, l’olio veniva poi miscelato con il gasolio per aumentarne la quantità.  Quindi  erogato negli impianti di distribuzione truffaldini per incrementare i ricavi derivanti dalla vendita al dettaglio.

Ma c’è chi se ne è reso conto e dopo una denuncia è partita l’indagine che ha permesso di scoprire la maxi truffa. Con 59 persone finite in manette, e indagate, a vario titolo, di tutta una serie  di reati.  Falsità in titoli di credito e possesso di documenti di identificazione falsi, sostituzione di persona; intercettazione/impedimento illecito delle comunicazioni telefoniche; irregolarità nella ricezione e stoccaggio finalizzata alla sottrazione dell’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli minerali; riciclaggio ed auto riciclaggio.

SGOMINATA UNA PERICOLOSA BANDA DI TRUFFATORI

I distributori coinvolti nella maxi truffa da oltre 3 milioni di euro, erano controllati da un’organizzazione criminale. La banda provvedeva a   reimpiegare i proventi dell’attività  nella costituzione di società-cartiere operanti nello specifico settore.  Facendovi  confluire anche i numerosi beni immobili e mobili acquistati nel tempo dal sodalizio per riciclare il denaro.Gli investigatori hanno sgominato la banda di truffatori  partendo dalla compravendita truffaldina di una macchina di grossa cilindrata. Infatti alcuni degli indagati, fingendosi acquirenti, si facevano inviare dal venditore,  via WhatsApp,  le immagini del libretto di circolazione della vettura da vendere che subito dopo duplicavano.

LA TRUFFA DELLE AUTO DI GROSSA CILINDRATA

Utilizzando le foto della vettura interessata pubblicavano anche loro un annuncio di vendita sul web.  E quando individuavano  l’acquirente giusto e intenzionato all’acquisto, gli  richiedevano l’emissione di un assegno di caparra o per l’intera cifra  a favore del falso venditore di caparra. E di anticiparne l’immagine via WhatsApp come garanzia dell’impegno all’acquisto. Rimandando la materiale consegna della vettura del titolo ad un incontro con la vittima fissato a distanza di qualche giorno ed a cui, ovviamente, non si sarebbero presentati.

L’organizzazione, infatti, sfruttava quel lasso di tempo per riprodurre, servendosi di propri falsari, l’assegno ricevuto in fotografia. Che provvedevano ad  incassarlo,  senza incorrere in alcun problema di “bene emissione”, considerata la correttezza dei dati in esso riportati, corrispondenti a quelli del titolo originale contraffatto. Tra gli indagati anche dipendenti delle poste.

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Redazione PL