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US Open. Serena Williams sconfitta, finisce l’era della Regina del tennis femminile

Erano più o meno tutti sull’orlo delle lacrime in quello stadio.

Lo era il pubblico, che in quell’ultimo game infinito con cui la Regina ha salutato il tennis, esultavano ad ogni sussulto della loro campionessa e ad ogni errore della sua innocente carnefice sportiva, l’australiana Alja Tomljanovic. Lo era il suo angolo, con Venus che stava disputando anche lei quel gioco insieme alla sorella. Lo eravamo noi appassionati che davanti alla televisione assistevamo alla fine di un’era del tennis femminile moderno. Lo era Lei (e perdonate la maiuscola usata dal vostro cronista) che stava guardando con i propri occhi quel momento che avrebbe voluto allungare all’infinito.

Alla fine anche l’ultimo estremo sforzo della Regina si è rivelato vano, di fronte alla determinazione e alla gioventù dell’avversaria, che impermeabile al tifo da stadio, alle emozioni e a tutto ciò che quelle ignare palline gialle contenevano, ha messo a terra l’ultimo punto e ha chiuso ufficialmente la carriera di Serena Williams, la Regina.

Condensare in un banale pezzo giornalistico chi e cosa sia stata Serena Williams per lo sport in generale e per il tennis in particolare, è impossibile. Nel linguaggio dei tifosi e degli addetti ai lavori, si adopera spesso la definizione GOAT (Greatest Of All Times) ovvero il/la più grande di sempre. Un titolo spesso basato più su scelte dettate dal cuore più che dall’oggettività, e che non può comunque mai prescindere dal fatto che lo sport (il tennis è uno di questi) nel corso del tempo si è evoluto per materiali, allenamenti, preparazione fisica e densità di tornei. Restano allora i numeri su cui basarsi, e quelli non mentono.

Elencare quelli di Serena Williams è come aprire un libro dei record lungo 25 anni che chissà da chi (e soprattutto se) verrà mai riscritto. 23 tornei dello Slam vinti, 4 medaglie olimpiche, 33 finali nei tornei Slam, 319 settimane di cui 186 consecutive da numero uno del mondo, 11 titoli vinti in una sola stagione, prima giocatrice di sempre ad aver vinto uno Slam in tre decadi differenti. Una carriera iniziata molto presto, con il padre Richard determinato a fare uscire le sue due figlie Venus e Serena dalla povertà del ghetto. Gli allenamenti fino a notte su un campetto in cemento di periferia tra rifiuti e vetri rotti, e la ricerca affannosa di un coach che credesse in quelle due ragazze povere e che le assistesse gratis investendo sul loro futuro.

La determinazione di un uomo visionario e di due ragazze che hanno creduto in quel sogno con tutte le loro forze, e il desiderio di riscatto sociale e personale che affianca Serena Williams alle grandi figure sportive afroamericane della storia, Jackie Robinson, Jesse Owens, Bill Russell, Muhammad Alì, Arthur Ashe, Kareem Abdul Jabbar, Michael Jordan. Il suo esempio è stato da traino per tantissime ragazze che in lei si sono identificate e che hanno amato la sua voglia di stravolgere anche i canoni quasi intoccabili di uno sport che è tradizione per definizione. Serena (e Venus prima di lei) sono state coraggiose nel gioco, nel vestiario, negli atteggiamenti, nella voglia di rompere degli schemi che fin da giovani le avrebbero etichettate come delle magnifiche perdenti.

Da oggi il tennis femminile entra in una nuova fase. Di campionesse come Serena all’orizzonte non se ne vedono, e il livello del ranking WTA permette a tante atlete oggi di poter emergere, visto il livellamento a cui sembra sfuggire soltanto la polacca Iga Swiatek, depositaria di un tennis efficace ma lontano anni luce da quello della Williams. Il più grande rimpianto resterà quello di non averla vista alzare la coppa del 24esimo Slam per affiancare Margaret Court in quel record, ma è ben poca cosa rispetto all’eredità che Serena ha lasciato nei cuori dei suoi colleghi e degli appassionati.

Di parole per omaggiare lei e la sua carriera in questo ultimo periodo ne sono state spese tante, e tra queste scelgo quelle di un’altra leggenda del tennis femminile, di un’altra atleta che ha cambiato questo sport, Martina Navratilova: “Serena non si lamenta mai di avere un tabellone difficile perchè lei non avrà mai un tabellone difficile, non deve affrontare se stessa”.

Published by
Giuseppe D'Agostino