Ritrovati resti della prima civilizzazione umana: erano lì da 400.000 anni | Archeologi danno un giro di 180° alla storia

Disegni preistorici - fonte pexels - palermolive.it

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Una scoperta eccezionale che dimostrerebbe come anche gli uomini primitivi lavorassero e modellassero l’avorio

In Ucraina, presso il sito preistorico di Medzhibozh A, nella valle meridionale del fiume Bug, gli archeologi hanno portato alla luce un insieme di reperti straordinari che potrebbero riscrivere la storia delle abilità manuali e cognitive dei nostri antenati. Tra questi, spiccano 24 frammenti di avorio che, secondo le analisi condotte, risalirebbero a circa 400.000 anni fa. La scoperta rappresenta un potenziale record mondiale, essendo forse l’esempio più antico conosciuto di lavorazione intenzionale dell’avorio da parte dell’uomo.

Le analisi effettuate su questi frammenti suggeriscono l’utilizzo di tecniche di lavorazione complesse, come la “bipolarità dell’incudine”, che prevede la frattura dell’avorio attraverso il posizionamento su una roccia e la percussione con un’altra pietra. Questo tipo di manipolazione indica una comprensione rudimentale ma significativa dei materiali e delle forze necessarie per modificarli, dimostrando capacità tecniche notevoli per un periodo così remoto.

Oltre agli oggetti in avorio, il sito ha restituito resti di animali come cavalli, rinoceronti lanosi e grandi felini selvatici, delineando un ecosistema preistorico molto diversificato. Questo contesto ambientale offre nuove chiavi di lettura sulla convivenza tra esseri umani primitivi e la fauna estinta, suggerendo una capacità di adattamento e sopravvivenza in un habitat complesso.

Secondo le ipotesi degli studiosi, i manufatti potrebbero essere stati realizzati dall’Homo heidelbergensis, un antenato dell’uomo moderno di cui, però, non si hanno ancora prove certe in questo specifico sito. La presenza di questi oggetti lavorati apre comunque nuove piste di indagine sulla diffusione e sulle competenze di questa specie umana nell’Europa orientale.

Funzione misteriosa degli artefatti

Una delle domande ancora aperte riguarda l’uso originario di questi oggetti in avorio. Alcuni scienziati ipotizzano che potessero essere strumenti didattici o giocattoli, forse utilizzati per insegnare tecniche di lavorazione o per favorire l’apprendimento sociale tra i più giovani. Altri suggeriscono che la sperimentazione con l’avorio potrebbe essere nata dalla scarsità di pietre adatte per la realizzazione di utensili.

Nonostante le evidenze a favore di una manipolazione umana, alcuni esperti, come riportato dal New Scientist, considerano la possibilità che tali forme siano state prodotte da processi naturali, come l’attrito tra zanne di mammut durante i combattimenti. Per testare questa teoria, si propongono esperimenti con zanne di elefanti moderni, in modo da distinguere con chiarezza le tracce naturali da quelle artificiali.

Frammenti avorio preistorici - fonte preistoriainitalia - palermolive.it
Frammenti avorio preistorici – fonte preistoriainitalia – palermolive.it

Una scoperta che riscrive la cronologia dell’evoluzione culturale

Se confermata l’origine umana dei manufatti, la scoperta rivoluzionerebbe la cronologia dell’uso dell’avorio, retrodatandolo di centinaia di migliaia di anni. Fino ad ora, i più antichi oggetti in avorio noti risalivano al Paleolitico superiore, tra 50.000 e 10.000 anni fa, mentre alcune tracce tra i Neanderthal si datano a circa 120.000 anni fa. Il ritrovamento in Ucraina amplia quindi enormemente la nostra comprensione dell’evoluzione tecnologica e culturale.

Infine, questi frammenti non rappresentano soltanto un importante reperto archeologico, ma offrono anche una testimonianza tangibile dell’ingegno umano nelle sue forme più antiche. Come sottolinea lo Smithsonian Magazine, la scoperta crea un collegamento profondo tra la modernità e le radici dell’intelligenza e della creatività umana, ricordandoci quanto sia lungo e articolato il cammino evolutivo che ci ha portato fin qui.