Rifiuti, passa la nuova direttiva quadro europea: “monnezza a peso” | Più ne fai e più paghi

Rifiuti - fonte pexels - palermolive.it
Per ridurre la produzione di spazzatura gli Stati hanno deciso di farla pagare a peso, le famiglie cambieranno abitudini
Dal 2030 tutti, o quasi, saremo chiamati a ridurre gli sprechi alimentari. L’Europa ha fissato obiettivi chiari che coinvolgeranno produttori, ristoranti, venditori al dettaglio e anche le famiglie. Prima di gridare all’invasione normativa di Bruxelles, è bene capire che si tratta di un provvedimento pensato per affrontare un problema enorme e che, tutto sommato, avrebbe potuto essere ancora più ambizioso.
Attualmente, il nuovo regolamento europeo sugli sprechi alimentari non è ancora legge definitiva. È stato raggiunto un accordo politico tra Parlamento europeo e Consiglio dei ministri, ma il testo deve ancora superare la seconda lettura. Il processo legislativo dell’Unione Europea è lungo e articolato, smentendo l’idea che a Bruxelles si emanino obblighi senza discussione o analisi approfondita.
Il cuore della misura è semplice: si punta a una riduzione del 10% degli sprechi nella produzione e trasformazione del cibo, e del 30% per il commercio al dettaglio, i ristoranti e le famiglie. Gli obiettivi dovranno essere calcolati sui livelli di spreco registrati tra il 2021 e il 2023. Saranno poi i singoli Stati membri a dover implementare politiche efficaci per centrare questi traguardi, anche incentivando la donazione di alimenti ancora sicuri.
Ridurre gli sprechi alimentari non è solo una questione ambientale, ma anche economica e sociale. Nel 2022 si sono sprecate nell’Unione Europea quasi sessanta milioni di tonnellate di cibo, pari a un danno economico stimato di 132 miliardi di euro. Oltre al disastro economico, il dato è sconcertante pensando che in Europa ci sono 37 milioni di persone che non riescono ad avere un pasto completo ogni giorno.
Chi produce più sprechi
Analizzando la distribuzione degli sprechi, emerge che oltre la metà, circa il 54%, avviene nelle famiglie, mentre il resto si perde lungo la filiera produttiva e distributiva. L’agricoltura, pur responsabile di una parte significativa delle perdite, è stata esclusa dall’obbligo di riduzione per evitare di colpire un settore già fragile. Rimangono però forti criticità sulla quantità di cibo che si spreca fin dalla produzione primaria.
Il nodo più difficile da sciogliere riguarda proprio i comportamenti individuali. È facile immaginare controlli sulle attività commerciali o nella ristorazione, ma molto più complesso sarà intervenire nelle case dei cittadini europei. Le misure concrete per spingere le famiglie a ridurre gli sprechi sono ancora da definire, e servirà probabilmente una combinazione di educazione, incentivi e campagne di sensibilizzazione.
Critiche e limiti della proposta
Non sono mancate critiche alla nuova normativa. Molte associazioni ambientaliste ritengono che si tratti di un compromesso al ribasso, dato che inizialmente il Parlamento europeo aveva chiesto obiettivi di riduzione più ambiziosi, pari al 20% e 40%. Alcuni osservatori accusano l’Unione di aver abbassato il tiro per venire incontro alle resistenze politiche emerse in diversi Stati membri.
Nonostante i limiti evidenziati, diversi esperti sottolineano che si tratta comunque di un passo storico. È la prima volta che vengono fissati obiettivi legalmente vincolanti sulla riduzione degli sprechi alimentari. Pur con tutte le critiche e le incertezze sull’efficacia delle misure, è evidente che l’Europa sta cercando di costruire un sistema alimentare più sostenibile e responsabile.