Rapinati dall’Agenzia delle entrate: ora ti entrano su WhatsApp, ti rubano questi screenshot e ti spennano | Maxisanzione 150.000€

Whatsapp - fonte pexels - palermolive.it

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Le chat di WhatsApp diventano prova legale, arriva la sentenza delle Cassazione che incastra tutti, attento a ciò che scrivi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1254 del 18 gennaio 2025, ha introdotto un importante orientamento in materia di prove digitali, aprendo nuove prospettive anche per le indagini fiscali. Pur trattandosi di un contenzioso civile tra un cliente e un’azienda di serramenti, i principi espressi nella sentenza possono avere ampie ripercussioni anche in ambito tributario, con particolare attenzione all’uso di strumenti elettronici e applicazioni di messaggistica istantanea.

Il caso riguardava un disaccordo contrattuale tra un cliente e una ditta artigiana. Il cliente, contestando l’importo finale dei lavori, aveva effettuato un pagamento solo parziale. In primo grado il tribunale aveva dato ragione al cliente per mancanza di prove scritte. Ma la Corte d’Appello di Milano ha ribaltato il verdetto: uno screenshot di un messaggio WhatsApp, ritenuto autentico e attribuibile, ha confermato le condizioni contrattuali. Questo singolo elemento ha consentito all’azienda di vedere riconosciute le proprie ragioni.

Affinché le conversazioni tramite WhatsApp siano considerate valide nei procedimenti giudiziari, la sentenza ribadisce la necessità di tre requisiti fondamentali: l’identificabilità del dispositivo e del mittente, l’integrità del messaggio e la possibilità di verificarne l’autenticità. Anche gli screenshot, se provenienti da dispositivi terzi, possono essere ritenuti validi come prova documentale, a condizione che non risultino alterati.

Sebbene il caso specifico non riguardasse un’indagine fiscale, i principi stabiliti dalla Corte rafforzano la possibilità che, nel prossimo futuro, le conversazioni private contenute nei dispositivi personali possano essere utilizzate anche in ambito tributario. Si tratterebbe di un’estensione interpretativa coerente con l’attuale tendenza dell’Amministrazione Finanziaria, che da anni attinge a banche dati e social network per supportare le proprie contestazioni.

La giurisprudenza si muove verso le prove digitali

Già nel 2023 le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 11197, avevano confermato la validità degli screenshot come prove documentali, ma ne subordinavano l’efficacia alla presenza di riscontri esterni. La recente sentenza rappresenta un’evoluzione ulteriore, rendendo i messaggi scambiati su WhatsApp e simili ancora più rilevanti, soprattutto quando si tratta di transazioni commerciali o accordi informali.

L’utilizzo delle chat come prove legali solleva inevitabilmente interrogativi sulla tutela della privacy. Gli utenti devono essere consapevoli che le comunicazioni su app come WhatsApp, sebbene percepite come private, possono essere sottoposte a controllo se rilevanti ai fini di un’indagine o di una controversia. In particolare, in ambito fiscale, ciò potrebbe tradursi in un ampliamento dei poteri istruttori dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza.

Controllo fisco - fonte fisco7 - palermolive.it
Controllo fisco – fonte fisco7 – palermolive.it

Chat, smartphone e accertamenti fiscali

La possibilità di accedere ai contenuti di smartphone e tablet durante le indagini fiscali diventa dunque un’ipotesi concreta. Con la crescente digitalizzazione delle attività professionali, anche una conversazione apparentemente informale può assumere valore probatorio. Occorre quindi una maggiore attenzione nella gestione delle comunicazioni elettroniche, soprattutto in ambito lavorativo o commerciale.

Un ambito in cui le prove digitali potrebbero trovare applicazione è quello dell’omesso versamento dell’IVA. Si tratta di un reato punibile penalmente quando la soglia supera i 250.000 euro, con sanzioni fino a due anni di reclusione. In questi casi, anche una semplice chat può costituire elemento rilevante per accertare la volontà di eludere l’obbligo fiscale. La sentenza della Cassazione, quindi, non solo sancisce l’evoluzione della prova digitale, ma impone un nuovo standard di consapevolezza a cittadini e professionisti.