PROIBITO SU WHATSAPP – Selfie vietati su queste chat: finisci subito in tribunale | Trattato come un brutto delinquente

Chat whatsapp - fonte pexels - palermolive.it

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È uscita la sentenza del tribunale di Milano che vieta questa pratica molto diffusa e delinea la responsabilità digitale dei genitori

Una recente sentenza del Tribunale civile di Milano ha segnato un importante punto di svolta nel dibattito giuridico e sociale sulla pubblicazione online di foto e video di minori. I giudici hanno stabilito che i genitori, anche in assenza di dolo, sono pienamente responsabili delle conseguenze legali legate alla diffusione delle immagini dei propri figli sui social network o altre piattaforme digitali. Si tratta di un riconoscimento importante del ruolo educativo e protettivo dei genitori anche nel contesto virtuale, in cui i confini tra pubblico e privato diventano sempre più sfumati.

Il Tribunale ha sottolineato che i genitori non devono considerarsi semplici creatori di contenuti visivi, ma veri e propri custodi giuridici delle immagini dei figli. Questa prospettiva rafforza l’idea che la responsabilità genitoriale non si limita alla sfera affettiva o educativa tradizionale, ma si estende anche alla tutela della dignità e della riservatezza del minore in ambito digitale. Ogni foto o video condiviso diventa quindi un atto giuridicamente rilevante, con potenziali conseguenze penali in caso di abuso o negligenza.

Nonostante l’impressione comune che la legge sia in ritardo rispetto all’evoluzione tecnologica, la normativa italiana offre già strumenti efficaci per proteggere il diritto all’immagine. Il Codice civile e penale, così come la legge sul diritto d’autore, delineano chiaramente i confini entro cui deve muoversi chi decide di diffondere immagini di terzi, soprattutto se si tratta di soggetti vulnerabili come i minori. La giurisprudenza ha chiarito che la titolarità dell’immagine appartiene alla persona ritratta, anche se l’autore dello scatto è il genitore.

Uno degli aspetti più rilevanti della sentenza riguarda l’approccio interpretativo adottato. I giudici non hanno stilato una lista di comportamenti leciti o vietati, ma hanno fatto riferimento al principio del best interest of the child, ovvero la priorità assoluta del benessere psico-fisico del minore. Ogni genitore deve dunque valutare attentamente le implicazioni di ogni atto di condivisione, tenendo conto dell’età, del contesto, delle potenziali reazioni sociali e dell’impatto sull’identità futura del figlio.

L’identità digitale come bene da proteggere

Nel mondo contemporaneo, l’identità digitale è una componente essenziale della persona. Le immagini pubblicate durante l’infanzia possono restare accessibili per anni, influenzando la percezione pubblica del minore anche in età adulta. Questo rende ancora più importante una gestione consapevole della presenza online dei figli, che non può essere basata solo sull’entusiasmo del momento o sul desiderio di condivisione. Ogni contenuto online contribuisce a costruire una narrazione, che può anche risultare dannosa o imbarazzante.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la sentenza del Tribunale milanese non invoca nuove leggi. Al contrario, dimostra che l’impianto normativo esistente è perfettamente in grado di rispondere alle sfide del digitale, a patto che venga applicato con coerenza e responsabilità. È una posizione che rassicura sul fatto che il diritto non è impotente davanti alla tecnologia, ma può continuare a offrire tutela attraverso un’interpretazione aggiornata dei principi esistenti.

Selfie con bambini - fonte pexels - palermolive.it
Selfie con minori – fonte pexels – palermolive.it

Il ruolo attivo delle istituzioni e dei genitori

Il verdetto lancia anche un messaggio forte al legislatore e agli organismi di vigilanza: occorre rafforzare la cultura della responsabilità, più che moltiplicare le norme. È fondamentale promuovere la consapevolezza tra gli adulti, affinché comprendano che l’autonomia digitale dei minori non può essere un alibi per abdicare al proprio ruolo protettivo. Genitori più attenti e informati sono il primo baluardo contro la sovraesposizione e la violazione dei diritti dei più piccoli.

Questa sentenza rappresenta infine un’opportunità per ripensare il concetto stesso di educazione alla cittadinanza digitale. Non si tratta solo di insegnare ai ragazzi a usare Internet in modo sicuro, ma anche di accompagnare gli adulti nel percorso verso un uso più etico, rispettoso e consapevole degli strumenti digitali. La tutela dei minori online non è solo un dovere giuridico, ma una responsabilità culturale che coinvolge famiglie, scuole e società intera.