Preso l’assassino della coppia di Lecce: «Omicidio premeditato, voleva torturarli»

Si era capito che le indagini erano ben indirizzate, perché l’assassino aveva commesso molti errori. E nella nottata infatti  è  arrivata  la notizia:  c’è un presunto omicida per l’uccisione  del giovane arbitro Daniele De Santis ed Eleonora Manta, i due fidanzati uccisi barbaramente con decine di coltellate nella casa dove si erano appena trasferiti. Dagli indizi pare che il presunto assassino abbia  progettato l’omicidio  a lungo e dettagliatamente. Ancora comunque  non c’è un movente che lo avrebbe spinto l’assassino.  

UNO STUDENTE DI 21 ANNI 

L’omicida sarebbe uno studente di 21 anni  di scienze infermieristiche,  Antonio De Marco. È di Casarano, paese della provincia, ma fino allo scorso agosto era stato un coinquilino, perché aveva abitato in affitto in una stanza nella casa che poi Daniele De Santis aveva deciso di ristrutturare per andarci a vivere con Eleonora. L’omicidio sarebbe stato premeditato a lungo e definito nei minimi dettagli, ha spiegato IL Procuratore capo della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone De Castris nella conferenza stampa convocata dopo il fermo

GLI INDIZI TROVATI

Ha detto che gli indizi porterebbero tutti a lui. Non si chiama  Andrea, il nome che alcuni testimoni avrebbero sentito ripetere nel condominio al civico numero 2 di via Montello, ma rientra nel giro di conoscenze della coppia, dove si erano concentrale le indagini. Sarebbe lui, secondo gli investigatori, l’uomo con la felpa nera, il cappuccio calato per coprire il volto e lo zainetto giallo che era scappato con l’arma del delitto ancora stretta in mano facendo attenzione ad evitare le telecamere. Come dimostrerebbe il biglietto insanguinato perso durante la fuga su cui aveva disegnato le strade da percorrere per farla franca e le modalità di programmazione dell’omicidio. Uno dei tasselli del mosaico dell’orrore, forse uno dei più importanti. La grafia sul pezzo di carta è stata confrontata con altri documenti.

DUBBI SUL MOVENTE, MA C’È PREMEDITAZIONE

Restano ancora tanti dubbi, tante domande a cui rispondere. Il movente, ad esempio. Che cosa possa avere animato l’uomo  a commettere due omicidi. Quale rabbia o rancore. E c’è la dinamica da ricostruire. La lite che ha richiamato l’attenzione di alcuni vicini di casa, il rumore dei tentativi di difesa nella speranza di sfuggire a quella furia cieca.

Certa, invece, la premeditazione. «Fortissima premeditazione», per usare le parole del Procuratore, che parla di un piano studiato minuziosamente, con tempi da rispettare, minuti da dedicare a ogni azione. Nel sopralluogo sarebbero state trovate delle fascette di plastica. Secondo gli inquirenti, probabilmente  non aveva solo intenzione di uccidere i due ragazzi, ma anche di torturarli, di infierire.  «Nelle intenzioni dell’assassino – ha detto il procuratore – l’omicidio doveva essere una rappresentazione anche per la collettività».

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Pippo Maniscalco