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Oggi la “Giornata della Memoria”, in ricordo delle vittime della follia nazista

Oggi si celebra la “Giornata della memoria”, in segno di commemorazione per le vittime della “Shoah”. Era il 27 gennaio del 1945, quando le truppe sovietiche entrarono ad Auschwitz, trovando circa settemila prigionieri che versavano in condizioni disumane. Le “SS”, reparti nazisti dedicati ai campi di concentramento, si dileguarono prima dell’arrivo delle armate rosse. I militari, al loro arrivo, videro davanti a loro uno scenario di morte e disperazione. Oltre agli ostaggi, giacevano resti di migliaia di persone, barbaramente sterminate perché ebrei o Rom, prigionieri di guerra, appartenenti a popolazioni slave o testimoni di Geova. Ma anche, tra gli altri, omosessuali o portatori di handicap mentali o fisici.

Nel campo di concentramento vicino alla cittadina polacca di Oświęcime, settantasette anni fa si scorgeva anche ciò che rimaneva di vestiti, scarpe, ed indumenti utilizzati da chi non c’era più. Inoltre diversi oggetti, tolti ai prigionieri prima dell’ingresso nel campo, nonché otto tonnellate di capelli umani, già pronti per il trasporto. Oggetti, indumenti e capelli appartenuti alle vittime di quei forni crematori che il generale Himmler provò a fare scomparire, insieme alle camere a gas, per eliminare le prove. Tuttavia i nazisti riuscirono a distruggere solo una parte del materiale con cui sterminarono oltre un milione di persone, dal tra il 1940 e il 1944, durante la seconda Guerra Mondiale.

I genocidi nazisti, però, non si fermano ad Auschwitz. I morti del campo di concentramento polacco, infatti, sono solo una parte delle vittime della follia nazista. I genocidi iniziarono già alla metà del XX secolo, e durarono fino alla fine del secondo conflitto mondiale. Furono sterminate circa 6 milioni di persone in tutta Europa.

IL SIGNIFICATO PROFONDO DELLA “SHOAH”

Nella lingua ebraica la parola “Shoah” indica una “tempesta devastante” e viene usata per la prima volta nella Bibbia, nel libro di Isaia (47, 11). In Israele si preferisce utilizzare questa parola, piuttosto che “olocausto”, per indicare “un sacrificio che poteva e doveva essere evitato”.

Con “olocausto”, infatti, si fa riferimento ad una forma di sacrificio praticato nell’antichità, che prevedeva che la vittima venisse interamente bruciata. Per ricordare il genocidio ai danni del popolo ebreo, e non solo, si utilizza spesso “Shoah”, proprio per evidenziare uno sterminio totalmente “gratuito”, frutto solo della follia omicida delle forze naziste, generata da un odio ingiustificato nei confronti di coloro che reputavano “diversi”.

Il 1° novembre 2005, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 27 gennaio come “Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Un’occasione per tenere viva la memoria di tutte le vittime della sterminio nazista, ma anche per ribadire la condanna di ogni forma di razzismo e pregiudizio.

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Redazione PL