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Messina Denaro interrogato in carcere: “Cosa Nostra? So solo dai giornali, sono un agricoltore apolide”

A marzo Matteo Messina Denaro è stato interrogato in videochiamata dal carcere dell’Aquila. Ha risposto ad alcune domande poste dal gip Alfredo Montalto e dal pm Gianluca De Leo. L’ex latitante ha negato qualsiasi appartenenza alla mafia: “Non faccio parte di nessuna associazione e quello che so di Cosa nostra lo so tramite i giornali”, ha affermato in maniera brusca e irriverente. “La residenza non ce l’ho più perché il Comune mi ha cancellato. Ormai sono un apolide. Lavoravo in campagna, sono un agricoltore”.

A livello economico il boss ha detto che non gli manca nulla: “Avevo beni patrimoniali ma me li avete tolti tutti. Se ancora ho qualcosa non lo dico, mica sono stupido”. Sui soprannomi Messina Denaro dichiara di non averne in realtà: “Me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi”. Sulla residenza: “A Campobello risiedevo da latitante quindi di nascosto in segreto, il Comune mi ha cancellato. L’ultima residenza che ho avuto da uomo libero è a Campobello”.

Estorsione e minacce a una donna e il marito

Messina Denaro, durante l’interrogatorio, ha anche negato estorsione e minacce alla figlia di un prestanome, Giuseppina Passanante e al marito. Oggetto del contendere un terreno di famiglia che il boss voleva restituito: “Ognuno risponde con la propria dignità di quel che fa. Ascolti, questo terreno è stato comprato da mio padre nel 1983. – dice rivolgendosi al gip – Mio padre era amico del padre della signora Passanante, che oggi è pure morto. Allora ha chiesto ad Alfonso Passanante, che conoscevo pure io, se poteva fare il favore di intestarsi questo bene, il Passanante ha detto sì. Si intestò il bene, cioè si fece l’atto e lui conduceva le operazioni in campagna. Ad un tratto succede tutto quello che succede, e cioè che il tempo passa, passano gli anni, si arriva agli anni ’90, mio padre è latitante, il Passanante è in carcere. Io sono pure latitante”.

Il boss scrisse una lettera alla donna: “Ad un tratto, negli ultimi anni, vengo a sapere che lei stava vendendo il terreno. Tra parentesi avevano l’affare concluso sotto prezzo, perché lei che cosa voleva fare, prendersi questi soldi di questo terreno, cioè lo rubava, e pagarsi il mutuo. E avrebbe pagato tutto con i miei beni. Questi sono discorsi per me non onesti, perché le persone agiscono come vogliono. Ma va bene cosi, ognuno poi risponde con la propria dignità delle cose che fa, nel bene e nel male. Allora che cosa ho fatto, l’ho contattata con una lettera e gliel’ho firmata come Matteo Messina Denaro, senza pseudonimi, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti”.

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Redazione PL