Cronaca di Palermo

Messina Denaro e la sua latitanza: “A Palermo ero libero come a Campobello, preso per un mio errore”

All’udienza preliminare a carico di Laura Bonafede, amante storica di Matteo Messina Denaro, è stato depositato il verbale dell’interrogatorio con le risposte date dal boss al procuratore aggiunto della Dda di Palermo Paolo Guido, che lo ha più volte invitato  a contribuire “a ricostruire dei pezzetti di verità”. Ma lui,  Messina Denaro, alla fine ha raccontato solo la sua verità. Così ha fatto sapere che mentre per trent’anni era ricercato ininterrottamente con blitz e appostamenti, lui se la ‘spassava’ da uomo libero tra Campobello e Palermo. Ecco quello che ha detto: “Che vita facevo a Palermo? Libero come quella di Campobello, perché bene o male voi avete scandagliato quella di Campobello ma in genere sempre quella vita faccio, cioè lo stesso fac-simile. Le mie amicizie non è che iniziano e finiscono solo nel mondo che voi considerate mafioso. non è così, le mie amicizie erano dovunque».

Messina Denaro: “Mi avete catturato per un mio errore”

Ed a proposito della sua cattura ha affermato: “Mi avete preso per il male se no non mi prendevate”, spiegando che all’inizio era convinto che qualcuno lo avesse tradito. “Con la mente ho ricostruito tutto come è stato il discorso – ha detto -, ma ora so che non c’è stato nessun traditore. La mattina che mi hanno arrestato la prima cosa che uno pensa è che qualcuno ha tradito. È stato tradito Gesù Cristo… e quando il colonnello mi ha detto: “Le assicuro che non l’ha tradita nessuno” io non gli ho creduto. Poi ragionando ho detto. vero è. Ho letto le carte e mi sono fatto pure una logica. Non lo sapeva nessuno di questo male, a parte io, Andrea Bonafede, quello senza capelli, e solo se era pazzo si poteva mettere a dirlo perché capiva che potevo essere arrestato”.

“Gliel’ho detto a mia sorella-: mia sorella è lo stesso che essere io. Ma mi avete preso per questo mio errore, dirlo a mia sorella. Perché gliel’ho detto? Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente”. Infatti è stato un pizzino trovato nel piede di una sedia a casa di Rosalia ad incastrare il boss fino alla cattura.

Ha ammesso di essere un mafioso

Nel corso dell’interrogatorio ha ammesso di essere un mafioso, cosa che aveva sempre negato in altri incontro con i giudici. E si è detto «schifato» da coloro che non hanno i requisiti per esserlo, ma venivano presentati come boss. I pm hanno tentato di approfittarne invitandolo a parlare: “Ci pensi alla possibilità di dare a tutto il resto del mondo una lettura giusta dal suo punto di vista”. Ma lui sulla possibilità di pentirsi ha risposto: “Poi nella vita mai dire mai, intendiamoci. Però al momento io non sono interessato a sta situazione. Ci rifletto, non sono un assolutista”. Si è definito un mafioso anomalo, uno che non si è inimicato nessuno nel territorio.

Perché rappresentava una sorta di garanzia. “Non cercavo mai a Campobello il mafioso nei dintorni perché sarei stato uno scemo, io devo trovare persone al di fuori del contesto mafioso se voglio durare, io devo cercare gente che nella società è meno di nessuno”.

Falcone, Borsellino e i depistaggi di La Barbera

Messina Denaro ha anche fatto insinuazioni sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio. “A me mi sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo – ha detto -. Se poi voi siete contenti di ciò, bene venga, sono fatti vostri. Ma la base di partenza non è questa… Voi siete contentati che il giudice Falcone sia stato ucciso, perché ha fatto dare 11 ergastoli? Perché di 11/12 ergastoli si trattava, nel maxi processo, credo, ma credo che questi siano…“. Ed ha insistito sull’argomento, cercando di insinuare moventi più complessi che poi, però, non ha spiegato. Ma ha definito l’attentato di Capaci come “l’input” la “cosa più importante, quella da dove nasce tutto, le stragi”.

E alludendo al depistaggio delle indagini sull’attentato al giudice Paolo Borsellino, ha affermato: “Perché vi siete fermati a la Barbera, che la Barbera era all’apice di qualcosa”, riferendosi all’ex poliziotto ritenuto la mente dell’inquinamento dell’inchiesta che ha portato alla condanna di innocenti. “Se fosse vivo ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima?”, ha chiesto ai pm.

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Redazione PL