Lavoro, il tuo capo è uno psicopatico: è ufficiale, lo studio dello psicologo forense conferma | “Tratti clinicamente significativi, come i carcerati”

Datore di lavoro (Pexels) PalermoLive
Studio che ha dell’incredibile sulla profilazione di molti datori di lavoro, i tratti distintivi sono sorprendenti. Cosa c’è da sapere.
Lavorare in proprio e come dipendente rappresentano due modalità professionali profondamente diverse, ciascuna con i propri vantaggi e svantaggi. Un lavoratore dipendente è legato a un’organizzazione tramite un contratto di lavoro, percepisce uno stipendio fisso o variabile e svolge le mansioni assegnate.
Tra i pro spiccano la stabilità economica, la prevedibilità del reddito, la copertura previdenziale e sanitaria garantita, e spesso orari di lavoro definiti. Tuttavia, i contro includono una minore autonomia decisionale, una potenziale limitazione della creatività e un legame più stretto alle politiche aziendali.
Al contrario, il lavoratore autonomo o libero professionista gestisce la propria attività in maniera indipendente, definendo i propri orari, scegliendo i progetti e i clienti. I pro principali sono la maggiore libertà e flessibilità, il potenziale di guadagno illimitato legato al proprio impegno e la soddisfazione di costruire qualcosa di proprio.
D’altra parte, i contro comprendono l’incertezza del reddito, la necessità di gestire autonomamente gli aspetti amministrativi, fiscali e previdenziali, e spesso orari di lavoro più lunghi e irregolari. La scelta tra le due opzioni dipende dalle priorità individuali, dalla propensione al rischio e dalle aspirazioni professionali.
Difficile rapporto col capo
Il rapporto tra dipendente e datore di lavoro può talvolta rivelarsi complesso per una serie di ragioni intrinseche alla dinamica lavorativa. Spesso, le divergenze nascono da aspettative non allineate riguardo al carico di lavoro, alle responsabilità, alle modalità di esecuzione dei compiti. La mancanza di trasparenza nelle decisioni aziendali o stili di leadership autoritari possono ulteriormente esacerbare le tensioni.
Un’altra fonte di difficoltà può risiedere nelle differenze di valori, priorità e visioni tra le parti. Il datore di lavoro, focalizzato sugli obiettivi aziendali e sulla produttività, potrebbe non sempre tenere in considerazione le esigenze individuali del dipendente. Allo stesso modo, il dipendente potrebbe percepire una mancanza di riconoscimento del proprio impegno.
Lo studio sui datori di lavoro
Una ricerca condotta dallo psicologo forense Nathan Brooks della Bond University ha rivelato che una sorprendente porzione di dirigenti aziendali di alto livello, circa il 21%, manifesta tratti psicopatici clinicamente significativi. Questo dato, inaspettatamente simile alla percentuale riscontrata tra la popolazione carceraria, suggerisce una possibile correlazione tra tali caratteristiche e la leadership aziendale.
Lo studio, che ha coinvolto 261 manager statunitensi attivi, ha evidenziato la presenza di tratti come un fascino superficiale, una marcata mancanza di empatia e tendenze manipolatorie. Sebbene queste caratteristiche non si traducano necessariamente in comportamenti criminali, potrebbero paradossalmente facilitare l’avanzamento di carriera in contesti aziendali competitivi.