Lavoro, addio pause pranzo: per mangiare un boccone dovrai portatelo da casa o scatta il licenziamento

Pausa pranzo - fonte pexels - palermolive.it

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Non tutti i lavoratori hanno gli stessi diritti, se hai questo inquadramento contrattuale ha più responsabilità ma devi seguire le regole

Nel panorama del diritto del lavoro italiano, la figura del quadro rappresenta un livello intermedio tra l’impiegato e il dirigente. Pur non essendo inquadrato nella dirigenza, il quadro è spesso titolare di rilevanti responsabilità organizzative e gestionali. Tuttavia, questa posizione non comporta automaticamente l’esonero dal rispetto degli obblighi ordinari previsti per gli altri lavoratori, specialmente in relazione all’orario di lavoro. Il tema si fa particolarmente delicato quando si discute del margine di autonomia che questa figura può esercitare senza violare il contratto.

Con l’ordinanza n. 9081 del 6 aprile 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: anche i quadri, salvo precise deroghe, devono attenersi all’orario di lavoro stabilito dal contratto. La sentenza chiarisce che l’autonomia operativa, se non accompagnata da poteri effettivi di gestione equiparabili a quelli dei dirigenti, non giustifica comportamenti difformi dalle regole contrattuali, come l’uscita anticipata o il prolungamento non autorizzato della pausa pranzo.

Le eccezioni alla disciplina generale dell’orario di lavoro sono previste dal d.lgs. 66/2003, che all’articolo 17 consente deroghe per specifiche categorie di lavoratori. Tali deroghe riguardano principalmente i dirigenti e alcune figure direttive dotate di piena autonomia gestionale. I quadri, tuttavia, non rientrano automaticamente tra queste eccezioni e possono esserne esclusi se non esercitano funzioni apicali in senso stretto.

Un elemento determinante nella valutazione del comportamento del quadro è rappresentato dal contratto collettivo applicabile. Quando il CCNL fissa un orario di lavoro preciso anche per i quadri, il rispetto di tale orario diventa vincolante. La Corte ha sottolineato che la presenza di una disciplina oraria dettagliata nel contratto collettivo rafforza l’obbligo per il lavoratore di conformarsi, rendendo le violazioni potenzialmente gravi e sanzionabili.

Comportamenti illeciti e conseguenze disciplinari

Nel caso oggetto della pronuncia della Cassazione, il quadro aveva sistematicamente raddoppiato la durata della pausa pranzo prevista, arrivando a due ore anziché una, senza autorizzazione. Nonostante fosse privo di precedenti disciplinari, la reiterazione del comportamento e il suo impatto sull’organizzazione aziendale hanno portato la Suprema Corte a ritenere giustificato il licenziamento per giusta causa, in quanto lesivo del vincolo fiduciario.

L’apparente rigidità delle clausole disciplinari contenute nei contratti collettivi non è assoluta. La giurisprudenza ritiene che tali clausole abbiano carattere orientativo, salvo che il contratto stabilisca espressamente che per una determinata infrazione si può applicare solo una sanzione conservativa. Anche in tal caso, la possibilità di licenziamento non è del tutto esclusa se esistono circostanze aggravanti o se la gravità dei fatti supera le soglie previste dal CCNL.

Pausa pranzo - fonte pexels - palermolive.it
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Quadri e orario flessibile: un mito da sfatare

L’idea che i quadri possano disporre di una totale flessibilità oraria è dunque infondata. Solo chi dimostra di esercitare funzioni direttive di livello dirigenziale può beneficiare delle deroghe previste. In tutti gli altri casi, il rispetto degli orari previsti, anche nel caso di mansioni ad alta responsabilità, rimane un obbligo contrattuale a pieno titolo.

Il quadro aziendale si trova in una posizione che richiede un delicato equilibrio tra autonomia e disciplina. L’attribuzione di responsabilità superiori non autorizza automaticamente comportamenti difformi dagli obblighi contrattuali. In assenza di precise previsioni normative o contrattuali che consentano la flessibilità oraria, il rispetto dell’orario resta un obbligo fondamentale. La violazione reiterata può giustificare anche le sanzioni più gravi, fino al licenziamento per giusta causa.