Economia

Covid 19, avvocato del Foro di Palermo: “Lavorare sì, ma in sicurezza”

Tra le “vittime” delle conseguenze economiche arrecate dal Covid 19 e dei disagi legati all’emergenza sanitaria non figurano solo i ristoratori, gli esercenti e gli albergatori, tanto per citare le categorie più colpite. Anche gli avvocati del foro di Palermo hanno sperimentato – e continuano, per molti versi, a sperimentare – una condizione problematica, stretti tra la necessità di portare avanti gli impegni professionali e la tutela della salute.

Non solo la propria, anche quella dei clienti. Ne sa qualcosa Maria Luciardello, avvocato di origini ennesi – di Aidone, per l’esattezza – laureatasi a Catania, città dove si è abilitata all’esercizio della professione. Quarantacinque anni, si occupa di diritto civile, di famiglia, di politiche dell’immigrazione e diritto penale nello studio legale che condivide con il collega Mario Pastorello.

“La sede – spiega la professionista che opera prevalentemente presso il Foro di Palermo – si trova nella borgata di Sferracavallo, ma è chiaro che il cuore pulsante delle attività è sempre il Palazzo di Giustizia”.

Già, il Tribunale: dal mese di ottobre, la cittadella giudiziaria del capoluogo siciliano ha registrato un elevatissimo numero di contagi soprattutto tra gli avvocati.

“Esiste un disagio, inutile negarlo – afferma l’avvocato del foro di Palermo Luciardello- e la situazione non è certo tra le migliori”.

“Nei mesi scorsi – aggiunge -la sospensione processuale e lo slittamento di udienze non urgenti hanno comportato, da un lato, riduzioni economiche per noi avvocati e, dall’altro, il respingimento del diritto di difesa“.

“Noi -spiega -siamo il primo filtro delle esigenze dei cittadini, che ci chiamano quando i loro diritti vengono lesi”.

LA SITUAZIONE NEGLI UFFICI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA

Le aule sono piccole e i corridoi stretti – spiega Luciardello – e comunque non attrezzati per fronteggiare l’emergenza in atto, nei servizi igienici mancano persino il sapone e la carta igienica”. “Circa un anno fa – ricorda – ho persino portato da casa una bottiglia di sapone, e l’ho sistemata presso uno dei bagni più frequentati”. Un aneddoto che racconta i disagi di un ambiente sul quale, oltre alle carenze igieniche, grava il rischio di contrarre il Covid 19. “Negli ultimi mesi abbiamo pagato un conto molto salato – spiega – e non è ancora finita, anche se l’attività processuale si è normalizzata”.

Il Tribunale di Palermo

“I vertici del Tribunale e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo – afferma la professionista – hanno fatto del loro meglio per rendere la situazione meno drammatica, ma alcuni problemi sono rimasti”. “Si respira un’ aria di scarsa tutela della salute e dell’incolumità – chiarisce – per tutte le professionalità che, a vario titolo, frequentano il Tribunale e per gli stessi dipendenti dell’amministrazione giudiziaria”.

Le sanificazioni delle aule, inoltre, non vengono effettuate con regolarità e il gel disinfettante continua a latitare tra i corridoi. I disagi maggiori hanno riguardato le cancellerie e gli uffici preposti alle notifiche: il rallentamento nella lavorazione delle pratiche ha influito pesantemente sull’attività giudiziaria. “Siamo stanchi di tutto questo – continua – anche se comprendiamo perfettamente che non è facile coniugare il lavoro con le istanze di sicurezza e salute”.

LE POSSIBILI SOLUZIONI

No all’astensione e alla chiusura degli uffici del Tribunale: su questo punto, l’avvocato non ha dubbi. “Vogliamo lavorare – aggiunge – ma in una condizione di sicurezza”. “Anche noi siamo stati toccati dalla crisi economica – chiarisce – come tante altre categorie che non hanno un reddito fisso”. “E anche noi – aggiunge – abbiamo assistito impotenti alla progressiva riduzione delle attività”. Oltre che, superfluo specificarlo, alla ridotta capacità di spesa dei clienti, spesso nell’impossibilità di fare fronte alle -legittime – richieste degli avvocati.

“Ne consegue – chiarisce – uno slittamento degli introiti, sia nelle cause ordinarie che in quelle dove il patrocinio avviene a spese dello Stato”.

Lecito chiedere se il lavoro da remoto abbia funzionato o meno.

“L’idea del lavoro agile – spiega – è senza dubbio buona, ma Palermo e la Sicilia scontano ancora una forte inadeguatezza tecnologica, oltre che, per molti versi, una certa impreparazione culturale”. Pertanto, la celebrazione delle udienze in versione smart non è ancora una strada praticabile. Decisamente improponibile nel ramo penale, dove è alto il rischio di non tutelare compiutamente l’assistito.

Per quanto riguarda le udienze in materia civile, “spesso vengono trattate con il deposito di trattazione scritta – chiarisce – per evitare assembramenti, ma i disguidi tecnici sono sempre dietro l’angolo”.

CARENZA DI PERSONALE E BLOCCO DEL TURN OVER

Sarebbe tuttavia fuorviante addebitare al Covid 19 la “colpa” di tutti gli intoppi burocratici che rallentano il lavoro degli avvocati. In cima alla lista dei problemi da risolvere per rendere gli uffici più funzionali e a misura di utenza, c’è la carenza di personale. “Da anni non vi sono assunzioni – spiega l’avvocato – e l’età media dei lavoratori è ormai abbastanza elevata: serve un ricambio, ovviamente attraverso i concorsi”. Le aree critiche, in tal senso, sono soprattutto le cancellerie e l’ufficio preposto alle notifiche, dove le pratiche vanno a rilento. “Ci sono soltanto due addetti allo sportello – sottolinea – e gli esiti si ripercuotono, ovviamente, sulla resa dei servizi erogati agli utenti”. E sullo stesso operato degli avvocati, soggetto a lungaggini burocratiche certamente non imputabili alla categoria e neppure ai dipendenti.

LA VICENDA DEI MAGISTRATI ONORARI

L’avvocato Luciardello non manca di ricordare la vertenza, in atto ormai da alcuni mesi, dei giudici onorari in regime di precarietà. “Il mio rientro a casa dal Tribunale è stato amaro – spiega riferendosi alla giornata del 22 gennaio – per via di quanto accaduto a Vincenza Gagliardotto, giudice onorario togato della quanta sezione penale”. La donna, da tempo impegnata insieme ad altri colleghi in uno sciopero della fame duro ed estenuante, ha avuto un malore che ha reso necessario l’intervento del 118. “I giudici onorari e i viceprocuratori onorari lavorano per lo Stato – spiega – e da tempo chiedono al governo nazionale maggiore attenzione”.

“Si tratta di magistrati con gli stessi oneri dei colleghi togati, laureati in giurisprudenza – spiega – ma a livello retributivo sono pagati a ore: per loro, nessuna tutela contributiva e previdenziale”.

Un vero e proprio caporalato – conclude Maria Luciardello – messo in atto dallo Stato e, dunque, legalizzato: non si può che esprimere loro solidarietà, nella piena consapevolezza che il malessere di un solo operatore della giustizia si riverbera su tutto il sistema”.

Published by
Marianna La Barbera