ESCLUSIVO Ministero – Miracolo Giorgetti: le aziende vi pagheranno anche per dormire: 8 ore di sonno retribuite regolarmente | Soldi facili dal materasso

Reperibilità notturna - fonte pexels - palermolive.it

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Pernottamenti in sede, la Cassazione li considera orario di lavoro, le nuove regole sulla reperibilità che va retribuita

Con l’ordinanza n. 10648 del 23 aprile 2025, la Corte di Cassazione ha introdotto un principio di diritto destinato a incidere in modo rilevante sulle dinamiche lavorative di molti settori, in particolare in ambito socio-assistenziale. L’obbligo di pernottare presso il luogo di lavoro, anche in assenza di specifiche attività da svolgere, rientra a pieno titolo nell’orario di lavoro e deve essere retribuito secondo i criteri costituzionali di proporzionalità e sufficienza previsti dall’articolo 36 della Costituzione.

La vicenda esaminata trae origine dal ricorso di un lavoratore dipendente di una cooperativa sociale, che chiedeva il pagamento delle differenze retributive per turni settimanali superiori alle 38 ore contrattuali, dovuti alla reperibilità notturna in struttura. Nonostante la richiesta, la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda, ritenendo che l’attività fosse già adeguatamente compensata da un’indennità prevista dal contratto collettivo.

I giudici della Suprema Corte hanno ribaltato il verdetto di merito rifacendosi all’interpretazione data dalla normativa dell’Unione europea, così come delineata dalla Corte di Giustizia. Secondo questa concezione, il tempo di lavoro si definisce per opposizione al tempo di riposo. In altre parole, ogni periodo in cui il lavoratore è soggetto a vincoli e non può disporre liberamente del proprio tempo non può essere considerato tempo libero.

Il punto focale della decisione sta nella considerazione che il solo obbligo di essere presenti in sede durante la notte, anche senza essere chiamati a intervenire, limita fortemente l’autonomia del lavoratore. Tale compressione del tempo personale implica che il periodo non possa essere qualificato come riposo e vada invece incluso nell’orario lavorativo. Si tratta di un’interpretazione innovativa che valorizza il concetto di disponibilità come elemento rilevante ai fini retributivi.

Rilevanza costituzionale della retribuzione

La Cassazione ha richiamato il principio costituzionale secondo cui ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente. Questo significa che anche i tempi di permanenza obbligata in sede, pur privi di operatività concreta, vanno compensati in maniera equa. Non basta un’indennità forfettaria: la retribuzione deve essere commisurata al reale sacrificio del lavoratore.

Questa pronuncia potrebbe avere effetti significativi non solo per le cooperative sociali, ma anche per tutte le realtà in cui è prevista la reperibilità in sede, come nelle case famiglia, nei servizi di emergenza e nelle strutture sanitarie. La ridefinizione del concetto di orario di lavoro impone una revisione delle prassi consolidate e dei contratti collettivi di settore.

Reperibilità notturna - fonte pexels - palermolive.it
Reperibilità notturna – fonte pexels – palermolive.it

Le conseguenze per le aziende e i datori di lavoro

I datori di lavoro dovranno ora tenere conto che anche i periodi di presenza passiva, se obbligatori, rientrano nell’orario effettivo da retribuire. Questo comporta non solo un adeguamento dei sistemi di gestione del personale, ma anche possibili esposizioni a contenziosi per il riconoscimento di differenze retributive pregresse.

Con questa ordinanza, la Cassazione riafferma la centralità della dignità del lavoro, ribadendo che il tempo di vita non può essere sacrificato senza una giusta contropartita economica. Il lavoro, anche se silenzioso e apparentemente inattivo, deve essere riconosciuto per il suo valore, soprattutto quando limita la libertà personale.