ESCLUSIVO INPS, cedolini dopati legalmente con la legge Andreotti, ogni anno aggiungi 300€ fino a raddoppiare | Il trucchetto che usano solo i giornalisti
Inps - fonte Inps - palermolive.it
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Dopo anni di mobilitazione per ottenere il passaggio dalla gestione previdenziale dell’INPGI all’INPS, nel tentativo di salvare un sistema ormai compromesso da scelte gestionali discutibili, decine di giornalisti hanno deciso di fare marcia indietro. A partire dal 2024, almeno ottanta professionisti del settore hanno ricondotto la loro posizione contributiva all’INPGI, l’ente rimasto in piedi per la sola gestione dei collaboratori. Un’operazione silenziosa ma significativa, che ha effetti economici rilevanti e che apre un nuovo fronte nella discussione sulla sostenibilità del sistema previdenziale.
Il passaggio dell’INPGI all’INPS, avvenuto il 1º luglio 2022, era stato salutato come un atto di salvezza per i giornalisti assunti a tempo indeterminato, dopo anni in cui l’istituto di categoria era stato indebolito da pensionamenti anticipati e scelte clientelari. Tuttavia, il bilancio 2024 dell’INPGI ha rivelato un’anomalia sorprendente: un boom di richieste di ricongiunzione previdenziale che ha portato 71,3 milioni di euro nelle casse dell’ente, rispetto ai soli 2,9 milioni dell’anno precedente. Il tutto grazie alla scelta di decine di giornalisti di riportare i propri contributi all’interno dell’INPGI.
Alla base del fenomeno c’è la legge 45 del 1990, che consente la ricongiunzione dei contributi tra enti previdenziali differenti. Una norma pensata per agevolare i professionisti, ma che in questo caso è diventata un potente strumento per aumentare il valore delle pensioni future. Trasferendo i contributi dall’INPS all’INPGI, i giornalisti hanno beneficiato di una rivalutazione fissa annua del 4,5%, che applicata in forma composta consente incrementi anche del 130% rispetto al montante originale. Il tutto senza alcun costo a carico dell’interessato, poiché l’INPGI non richiede oneri per queste operazioni.
I beneficiari di questa manovra sono per lo più giornalisti di alto profilo: ex direttori, corrispondenti di punta, dirigenti di testata e perfino ex vertici dell’INPGI stesso. Molti di loro, vicini ai sessant’anni, hanno lasciato il lavoro negoziando buonuscite e incarichi di collaborazione retribuita, così da aprire nuove posizioni all’INPGI come cococo. È proprio in questa veste che hanno potuto attivare il meccanismo di ricongiunzione e moltiplicare l’importo futuro della pensione.
Effetti asimmetrici sulla previdenza
Mentre i giornalisti più influenti beneficiano di trattamenti previdenziali generosi, i collaboratori delle stesse testate – spesso giovani freelance pagati a pezzo – continuano ad accumulare contributi che garantiranno loro pensioni minime. La disparità è aggravata dal fatto che a finanziare indirettamente le manovre dei primi è proprio l’INPS, che trasferisce montanti rivalutati all’INPGI a condizioni decisamente svantaggiose per le proprie casse.
Un ulteriore incentivo al rientro all’INPGI è rappresentato dalle condizioni di accesso alla pensione. Mentre l’INPS richiede almeno 67 anni per la pensione di vecchiaia, il “nuovo” INPGI permette l’uscita già a 63 anni con 20 anni di contributi, oppure a qualsiasi età con 40 anni di versamenti. Una condizione decisamente più vantaggiosa che ha reso il rientro all’ente di categoria ancora più appetibile per chi si trova in prossimità della pensione.
Un meccanismo legale ma discutibile
Dal punto di vista normativo, tutto è avvenuto nel pieno rispetto delle regole. Il meccanismo di ricongiunzione è legittimo e applicabile anche ad altri enti previdenziali. Tuttavia, il risultato finale appare fortemente squilibrato: giornalisti con carriere lunghe e remunerate possono ottenere pensioni ricche sfruttando una norma pensata per evitare penalizzazioni in caso di mobilità previdenziale. Intanto, l’INPS si ritrova a dover coprire un esborso inatteso.
Il caso solleva interrogativi urgenti sulla tenuta del sistema e sull’equità tra lavoratori. Mentre gli enti pubblici continuano a pagare il prezzo di scelte opache, una parte della categoria giornalistica riesce a massimizzare i propri interessi grazie a un meccanismo tecnico poco noto ma assai efficace. Serve un intervento normativo che aggiorni regole pensate trent’anni fa, in un mercato del lavoro profondamente diverso da quello attuale, per evitare che queste scorciatoie si trasformino in falle strutturali.