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Riscatto del lavoro nero: dal 2025 si potranno recuperare i contributi, una svolta per migliaia di lavoratori irregolari
Dal 12 gennaio 2025 è entrata ufficialmente in vigore una misura attesa da anni: la possibilità per i lavoratori che hanno svolto attività in nero, senza versamenti contributivi, di riscattare i periodi non coperti e recuperarli ai fini pensionistici. Si tratta di una novità introdotta dalla legge 203/2024, che modifica profondamente il sistema di accesso alla rendita vitalizia, rendendolo più inclusivo e flessibile.
La nuova norma abbatte uno dei principali ostacoli che finora limitava la possibilità di recupero dei contributi: la prescrizione decennale. Con il nuovo impianto legislativo, i lavoratori potranno riscattare i periodi di lavoro irregolare anche quando il termine per la regolarizzazione da parte del datore di lavoro è già scaduto. Questo diritto, che finora si perdeva con il passare del tempo, diventa permanente, offrendo una nuova chance a chi ha subito forme di sfruttamento e invisibilità contrattuale.
La rendita vitalizia è lo strumento attraverso cui l’INPS consente di accreditare i contributi non versati. Fino a oggi, l’accesso a questo strumento era vincolato alla volontà del datore di lavoro o, in alternativa, alla possibilità per il lavoratore di sostituirsi a lui entro dieci anni. Ora, con la nuova opzione introdotta dalla legge 203/2024, il lavoratore può agire autonomamente in qualsiasi momento, purché sia in grado di dimostrare di aver lavorato in nero in quel determinato periodo.
Riscattare anni di lavoro irregolare ha un costo importante. Il lavoratore che sceglie di agire in autonomia deve farsi carico dell’intero importo dei contributi non versati, calcolato in base alla retribuzione lorda dell’epoca. In pratica, dovrà coprire sia la quota normalmente a carico del datore di lavoro che quella a suo carico, per un totale pari al 33% della retribuzione annua lorda. Sebbene questa cifra possa essere fiscalmente deducibile, rappresenta comunque una spesa significativa.
Chi può beneficiarne e quali prove servono
Per accedere alla rendita vitalizia è necessario presentare domanda all’INPS e fornire prove concrete del lavoro svolto. Tra queste possono rientrare buste paga informali, bonifici ricevuti, testimonianze o documenti equivalenti. L’INPS valuterà la documentazione e, se la richiesta viene approvata, comunicherà l’importo da versare per riscattare i contributi. In questo processo, la trasparenza e la solidità delle prove giocate saranno determinanti.
Recuperare anni di contribuzione può fare una grande differenza nel calcolo dell’assegno pensionistico, soprattutto per chi rischiava di restare escluso dal diritto alla pensione minima per mancanza dei requisiti. Il riscatto consente di avvicinarsi alla soglia contributiva necessaria per accedere alle prestazioni previdenziali, rendendo più stabile e dignitoso il futuro economico di molti lavoratori.
Differenze tra settore privato e pubblico
Va precisato che i lavoratori del settore pubblico sono soggetti a regole specifiche per il riscatto dei contributi. In alcuni casi, permangono vincoli temporali o procedurali più stringenti rispetto al settore privato. Sarà quindi fondamentale verificare, caso per caso, le condizioni applicabili, soprattutto per chi ha avuto esperienze lavorative in ambito pubblico non regolarizzate.
La possibilità di riscattare il lavoro nero rappresenta un passo importante verso una maggiore equità nel sistema previdenziale italiano. Questa misura non solo restituisce dignità a chi è stato costretto a lavorare senza tutele, ma rafforza anche la sostenibilità del sistema, ampliando la platea dei contribuenti attivi. Una svolta che trasforma un’ingiustizia passata in un’opportunità di riscatto, anche in senso letterale.