CONFERMATO FISCO – Vietati i bonifici tra parenti, da ora serve una delega: questo movimento devi dichiararlo nel 730 | Multa automatica

carte credito (pexels) - palermolive
Un errore di troppo nel compilare il 730 può trasformarsi in un accertamento fiscale: attenzione ai trasferimenti tra familiari.
L’arrivo della stagione delle dichiarazioni dei redditi porta, come ogni anno, milioni di contribuenti italiani a confrontarsi con il Modello 730. Comodo, rapido, apparentemente semplice. Ma dietro la facciata “amica” del precompilato si nascondono insidie che possono scatenare l’interesse del Fisco anche quando nessuno se lo aspetta.
I controlli non riguardano più solo evasori seriali o grandi contribuenti. Sempre più spesso, anche un versamento da parte di un familiare o un rimborso tra amici può generare segnali d’allarme nei sistemi dell’Agenzia delle Entrate, soprattutto se non adeguatamente documentati. E quando la verifica parte, a rispondere delle incongruenze è il cittadino.
Questo succede perché l’Agenzia, oggi, ha a disposizione strumenti molto più raffinati di analisi: incrocio dei dati bancari, tracciamento dei movimenti e segnalazioni automatiche. Ed è qui che molti contribuenti scoprono che anche un bonifico “innocente” – magari da un genitore a un figlio – può trasformarsi in un potenziale problema fiscale.
Nel mirino non finiscono solo le somme elevate. Anche importi più modesti, ma non coerenti con il reddito dichiarato o privi di causale dettagliata, possono sollevare dubbi sull’origine del denaro o sulla finalità del trasferimento. E, a sorpresa, diventare oggetto di un accertamento.
Quando il bonifico insospettisce il Fisco
La questione si fa particolarmente delicata quando si parla di trasferimenti tra privati, specie tra familiari. Non esistono limiti di legge ai bonifici tra parenti, ma se non vengono giustificati correttamente, possono innescare controlli. In assenza di documentazione, l’Agenzia delle Entrate può considerare quelle somme come “redditi non dichiarati”.
La soluzione? Avere sempre una scrittura privata o una causale ben specifica: prestito infruttifero, anticipo spese, restituzione debito. Senza questi accorgimenti, il contribuente rischia che un semplice movimento tra conti venga interpretato come evasione. E in tal caso, anche la compilazione del 730 può trasformarsi in un’arma a doppio taglio.
Il Fisco può presumere che siano redditi “in nero”
Può capitare, infatti, che l’Agenzia delle Entrate contatti i contribuenti per chiarire l’origine di certi versamenti o prelievi. È in quel momento che entra in gioco il concetto di presunzione bancaria, uno strumento che consente al Fisco di presumere che certi movimenti siano redditi non dichiarati, se non si riesce a dimostrarne la provenienza.
Secondo l’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, l’Agenzia può accedere ai conti correnti e usare i dati per ricostruire il reddito reale. Il problema? L’onere della prova è a carico del contribuente. Quindi se versi 5.000 euro ricevuti da un parente, ma non hai un documento che lo dimostri, per il Fisco potrebbe trattarsi di reddito non dichiarato. Prelievi ingiustificati, bonifici senza causale, movimenti fuori scala rispetto al reddito: tutto può essere letto come sospetto. Soprattutto per professionisti e imprenditori, che sono soggetti a un’interpretazione ancora più rigida.
Chi riceve un avviso, ha la possibilità di difendersi, ma solo con prove concrete: copia del bonifico con causale chiara, contratto di prestito, dichiarazione scritta di chi ha versato i soldi o altri documenti capaci di giustificare il movimento. In mancanza di tutto ciò, la multa è quasi automatica e può portare anche a sanzioni elevate.