Economia

Confcommercio: “Caffè e cornetto ultimo pasto poi sciopero della fame”

“Non abbiamo più tempo. Chiediamo notizie certe sulle riaperture. Le nostre attività sono al collasso. Abbiamo provato a dialogare con tutti. Nessuna risposta. Stiamo facendo gli straordinari per tenere calmi i nostri associati che, giustamente, senza alcuna prospettiva, vogliono scendere in piazza e fare esplodere
tutta la propria rabbia, dopo una fase di chiusura che dura mesi. Ecco perché abbiamo scelto la strada della forma di protesta non violenta. E’ quanto affermato questa mattina in conferenza stampa, a Ragusa, dal presidente provinciale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti, che, davanti a un caffè e a un cappuccino, ultimo pasto prima della protesta, ha dato il via allo sciopero della fame che era stato annunciato lunedì scorso.

NON SE NE PUO’ PIU’

“La scelta del caffè e del cappuccino non è un caso – ha proseguito Manenti – rappresentano un simbolo, sono l’emblema delle nostre attività, dei nostri pubblici esercizi, alcuni dei quali costretti a operare solo da asporto mentre altri hanno i battenti sprangati da tempo. Non se ne può più. E lo diciamo con il cuore in mano. Sappiamo che ci sono i contagi. Ci mancherebbe. Ma allo stesso tempo, e l’esperienza degli ultimi mesi ne è la riprova, sappiamo che le nostre attività, nel pieno rispetto dei protocolli, si sono adoperate per garantire la massima sicurezza e, a quanto ci risulta, nessun tipo di focolaio ha mai preso il via proprio da queste attività”.

LA DISPERAZIONE DEGLI ASSOCIATI

“Perché, dunque, dobbiamo essere solo noi a pagare lo scotto di questa crisi derivante dalla pandemia? Ogni giorno, come Confcommercio, ci confrontiamo con la disperazione dei nostri associati. Non ne possono più. E questo ci ha spinti a promuovere questa forma di protesta non violenta. Andremo avanti a oltranza, sino a quando ce ne sarà bisogno e, naturalmente, sino a quando le forze reggeranno”.

L’UNICA SOLUZIONE RIMASTA

Manenti, dopo la conferenza stampa, si è spostato a Pozzallo per iniziare la protesta, nella sede Confcommercio di via Magenta 418, accanto alla sua abitazione dove si recherà prima del coprifuoco, ogni sera. Sarà monitorato, per quanto riguarda lo stato di salute, dal medico Roberto Ammatuna che è anche sindaco della cittadina iblea. “Periodicamente – afferma ancora il presidente regionale – comunicheremo il report sul mio stato di salute. So già che i primi giorni saranno molto difficili. Ma vogliamo andare avanti lungo questa direzione perché è l’unica che ci consente di fare sentire la nostra voce in maniera non violenta”.

DA TUTTA LA SICILIA

Assieme a Manenti, ad attuare lo sciopero della fame anche il presidente provinciale Confcommercio Catania, Piero Agen, il presidente provinciale Confcommercio Trapani, Pino Pace, il presidente regionale Fipe Sicilia, Dario Pistorio, e, in ultimo, si è aggiunto il presidente Confcommercio Sciacca, Giuseppe Caruana. A Catania e a Trapani, questa mattina, si sono tenute le conferenze stampa rispettivamente di Agen con Pistorio e di Pace in cui, parimenti, sono state illustrate le motivazioni della scelta. A Ragusa, a dare manforte all’azione del presidente regionale, il sistema Confcommercio ibleo nella sua interezza, a cominciare dai vicepresidenti provinciali Antonio Prelati e Giorgio Moncada, entrambi delegati Fipe per i territori di pertinenza.


UNA SCELTA INCOERENTE

“Mentre in queste ore si fa un gran parlare del fatto che la Sicilia potrebbe rimanere in zona arancione per un’altra settimana – hanno spiegato Prelati e Moncada – noi prendiamo atto di come non si vuole affatto comprendere che tutte le responsabilità non possono essere addossate solo ad alcuni settori. D’altro canto, le nostre attività restano chiuse e la gente si assembra altrove. Ci sembra una scelta che non ha senso”.

MAI PIU’RISTORI INADEGUATI

“Le riaperture in sicurezza hanno una loro logicità, invece, e, soprattutto, garantiscono una prospettiva ad operatori commerciali che da mesi non sanno più che pesci pigliare rispetto al fatto che non riescono ad incassare un euro. I ristori? Neanche a parlarne. Abbiamo tutti potuto verificare che sono assolutamente inadeguati rispetto alla pesantezza della situazione e alle difficoltà a cui siamo andati incontro. Qualcuno
ascolti il grido di disperazione dei commercianti. Siamo a un bivio. In molti, già in queste ore, saranno costretti alla chiusura definitiva. Avremo sulla coscienza lo sconquassamento di un comparto che, tra alti e bassi, l’economia”.

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Redazione PL