Cronaca di Palermo

Condannato a 12 anni per mafia ‘Pinuzzu u chieccu’, fratello della vedova di Vito Schifani

I giudici della quinta sezione del tribunale di Palermo hanno inflitto 20 anni di carcere al boss dell’Arenella Gaetano Scotto e 12 anni ciascuno al fratello Francesco Paolo e a Giuseppe Costa. Quest’ultimo è il fratello di Rosaria, vedova dell’agente di scorta Vito Schifani, morto il 23 maggio del 1992 nell’attentato di Capaci al giudice Giovanni Falcone in cui persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo e gli altri due poliziotti Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Le forze dell’ordine avevano arrestato gli imputati nel 2020 nell’operazione White Shark della Direzione investigativa antimafia.

La sorella non aveva rapporti con lui da anni

Costa, detto “Pinuzzu u chieccu” (balbuziente, ndr), avrebbe fatto parte della famiglia mafiosa di Vergine Maria – Arenella “svolgendo – secondo gli inquirenti- le funzioni di esattore delle richieste estorsive destinandole ai carcerati”. Avrebbe cioè chiesto il pizzo a imprenditori e commercianti. Per questo motivo era finito in carcere assieme a sette affiliati alla cosca dell’Arenella. La sorella Rosaria, appresa la notizia dell’arresto, dichiarò di non aver più rapporti con lui da anni. Di lei si ricorda l’invettiva contro la mafia pronunciata nel corso dei funerali delle vittime dell’attentato a Falcone e alla scorta: “Io vi perdono, ma voi vi dovete inginocchiare”.

“Pinuzzu” incastrato dalle intercettazioni

A incastrare “Pinuzzo” furono le intercettazioni ascoltate in diretta dagli uomini della Dia. Gaetano Scotto, scarcerato dopo essere rimasto 15 anni in cella per mafia e traffico di droga, parlando con un nipote delle persone alle quali era stata affidata in sua assenza la gestione della famiglia dell’Arenella, aveva fatto riferimento proprio a Giuseppe Costa. Contro l’ex cognato dell’agente Schifani le intercettazioni registrate erano state decine. Molte anche al pub White club, uno dei luoghi scelti dal clan per i loro summit. Le cimici svelarono il suo ruolo nelle estorsioni, nella gestione delle casse, nelle minacce alle vittime del racket e nella distribuzione dei proventi del pizzo alle famiglie degli uomini d’onore detenuti.

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Redazione PL